Il Vice Presidente
Sono avvocato di un Comune, e non mi occupo di materia penale. Intervenendo ora, dopo interventi politici così qualificati quali quelle che mi hanno preceduto, vorrei utilizzare il tempo a me dedicato per soffermarmi sul RUOLO dell’Avvocato dipendente, cioè su quelli che sono gli ELEMENTI DI CERNIERA tra l'odierno tema e l’Avvocatura pubblica.
Entro subito nel vivo con una considerazione: ho letto nei giorni scorsi la notizia di una Commissione di Studio su trasparenza e corruzione nella P.A. nominata dal ministro Patroni Griffi.
È il passato che ritorna visto che analoga Commissione era stata nominata da Violante. Me la sono procurata alla Biblioteca della Camera e leggendola, la sensazione è stata di un documento perfettamente aderente alla realtà odierna.
E da ciò ho tratto la convinzione che il Ministro forse non ha aperto tutti i cassetti a sua disposizione. 16 anni or sono, il 23/10/1996 (era la XIII legislatura), con un rapporto di 73 pagine pubblicato dalla Camera dei Deputati, i professori Cassese, Pizzorno e Arcidiacono certificarono nel “Rapporto del Comitato sui fenomeni di corruzione”, che “se l’illegalità è tanto diffusa e la trasparenza così evanescente, parlare di buon governo, corretta amministrazione e certezza del diritto è pura finzione” (Capi I e V del Rapp del 1996); “Le forme di corruzione sono tanto diffuse nei rapporti tra imprese e sfera pubblica che hanno gonfiato la spesa, leso il buon funzionamento del mercato, ostacolato la selezione dei fornitori e dei prodotti migliori. L’entità di questa tassazione impropria, che da ultimo ricade sui cittadini, è di una gravità che sgomenta, danneggia l’economia del Paese perché viola le regole del mercato e limita la concorrenza economica, dilatando la spesa pubblica e il debito pubblico. Per i cittadini diventa una vera e propria tassa aggiuntiva”. Ancora: “i costi diretti e indiretti sono gravi e preoccupanti. I costi diretti sono migliaia di miliardi; i costi indiretti sono peggiori. Essi riguardano la crisi dei partiti, le disfunzioni delle istituzioni, l’indebolimento del patto sociale, l’evasione fiscale (falsificazione di bilanci, costituzione di fondi neri, ecc.) e, soprattutto, l’inefficienza della pubblica amministrazione. Proprio nella P.A. le conseguenze della corruzione sono più gravi perché: - incrina la fiducia dei cittadini; - peggiora i livelli di professionalità perché non conta il merito; - favorisce lo smantellamento degli apparati tecnici per far posto alle consulenze esterne appesantendo i bilanci delle amministrazioni” (è il caso recente dello smantellamento dell’Avvocatura di un Comune: centinaia di costituzioni di nuovi procuratori su cause in corso e, di conseguenza, spese elevatissime); -“induce altra corruzione”.
Dall’Archivio Storico del 31/10/1996 del CorSera, emerge che “gli episodi di corruzione sono molto più numerosi di quelli scoperti. Vi è un sistema nel quale la necessità di pagare tangenti per sveltire pratiche o concludere contratti, il finanziamento illecito dei partiti, i fondi neri alle imprese e i redditi illeciti degli amministratori sono spesso assurti a regole generali: è possibile dunque ritenere che i casi scoperti non siano eccezioni, ma parte di una patologia ben più ampia”.
Concludevano i tre saggi nel 1996, alla pagina 51, § 4.12, che “una delle RAGIONI PRINCIPALI della corruzione è da rinvenirsi nella debolezza dell’Amministrazione, DATA DALL’ASSENZA O DALL’INSUFFICIENZA DEI RUOLI PROFESSIONALI. Il rimedio ipotizzabile è che L’ENTE LOCALE SI DOTI DI PROFESSIONISTI DIPENDENTI, ORGANIZZATI IN CORPI SEPARATI, con uno stato giuridico ed un trattamento economico che consentano di attrarre personale di preparazione adeguata. Non ci si deve illudere di poter acquisire le professionalità necessarie, se non si è poi disposti a pagare il loro prezzo, né che la corruzione abbia termine, finchè le Amministrazioni non abbiano superato questa loro debolezza».
Da recentissimi studi sulle consulenze esterne, ad esempio, è emerso che solo nei contenziosi legali -spesso affidati sempre agli stessi studi- i Comuni spendono milioni di euro, quando i costi per la difesa e consulenza legale attraverso le Avvocature in house sono estremamente contenuti.
Come si vede il tema è attualissimo. Certificato da poco dalla Corte dei Conti (“la corruzione, il malaffare e l’illegalità sono ancora molto forti, molto più di come appare. Sono fenomeni notevolmente presenti nel Paese, le cui dimensioni sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce”), cosi come dalla cronaca (“Consulenze la grande abbuffata”, Fatto Quotidiano, 29/3/2012; “Patto anticorrotti nei Comuni”, Repubblica 23/3/2012; “Corruzione. Dalle mazzette alle cozze pelose”, Repubblica, 22/3/2012;”Enti locali tra risparmi e rischi di corruzione”, forumpa 2010).
In un film di Gassman (“In nome del popolo italiano”) l’attore diceva che “la corruzione è l’unico modo per sveltire gli iter e quindi incentivare le iniziative”. Ma qui non stiamo in un film. E l’ironia diviene amara per chi opera con serietà e dedizione all’interno della pubblica amministrazione a presidio della legalità e della giustizia come l’Avvocatura pubblica.
Ecco il punto. QUELLO DEGLI AVVOCATI DIPENDENTI, il ruolo di professionisti di cui parlavano i “tre saggi”, È UN COSTANTE IMPEGNO PER LA RICERCA DELLA “QUALITÀ AMMINISTRATIVA” DEI PROVVEDIMENTI POSTI IN ESSERE DAGLI ENTI, IL TUTTO FINALIZZATO AL PERSEGUIMENTO DEL PUBBLICO INTERESSE, E NON IL SEMPLICE INTERESSE DEL PROPRIO CLIENTE.
E’ un percorso di virtuosità ed economicità quello che l’Avvocatura degli enti locali quotidianamente offre agli interlocutori: IL RUOLO DI RIFERIMENTO TECNICO AFFIDABILE, DI SENTINELLA DELLA LEGALITÀ, contribuendo umilmente, ma con professionalità e dedizione, all’ACCRESCIMENTO del funzionamento della giustizia e alla DIMINUZIONE dei fenomeni di corruzione.
Una punta d’orgoglio: DESIDERO EVIDENZIARE CON COLORE ROSSO CHE NESSUN AVVOCATO PUBBLICO, MAI, È STATO COINVOLTO IN DELITTI CONTRO LA P.A. (quali la corruzione), COME ACCADUTO TROPPO SPESSO PER ALTRI PROFESSIONISTI DIPENDENTI E AMMINISTRATORI.
Ecco cos’è l’Avvocatura pubblica: il luogo dove il RUOLO si fonde con la PERSONA. Non c’è posto fra noi per il dipendente “8-14”; c’è invece un’Avvocatura proiettata nel futuro, verso la modernizzazione della P.A., ma nel rispetto dei “valori” storici della professione, che si riappropria del suo passato, ovvero delle motivazioni per le quali è “nata”, identiche a quelle dell’Avvocatura di Stato: il bisogno di assicurare alla P.A. il consiglio di “uomini” di legge, avvertito sin da epoca remota.
Rammento che le prime avvocature comunali furono costituite proprio a Bologna (dal 1848 si ha la prima documentazione ufficiale in epoca preunitaria, ma documenti storici individuano Azzone da Bologna come giureconsulto del municipio bolognese già dal 1116), Napoli nel 1889 e Roma nel 1894.
L'esigenza dicevo di “Uomini” (e donne) di legge che prestano la loro opera alle dipendenze di enti pubblici con obbligo assoluto di esclusiva. Non esiste per noi l’intra moenia ed extra moenia. Non esiste la presenza contemporanea in ufficio e in studio privato. E proprio perché la professione forense è la stessa, qualunque sia l’ente per cui si opera, L’OBIETTIVO NOSTRO È SOSTENERE L’AUTONOMIA E L’INDIPENDENZA DI GIUDIZIO, QUALE CONDIZIONE NECESSARIA PER L’ISCRIZIONE ALL’ELENCO SPECIALE (come sancito da Cass.SU e CNF), CON UNO STATUS UNIFORME, COME ACCADE PER L’AVVOCATURA DELLO STATO, CHE SVOLGE LA NOSTRA STESSA FUNZIONE.
Questo e’ il nostro modo di declinare la “dignità”. come sostenuto dalla commissione dei tre professori nel 1996.
Purtroppo la realtà è diversa. L’avvocatura pubblica, ad eccezione di quella dello Stato, non possiede uno status giuridico comune all’interno di enti uguali e, a maggior ragione, fra enti diversi; anzi non possiede proprio uno status; né gode di trattamenti economici uniformi, né uniformi collocazioni organizzative nelle macrostrutture degli enti, e neppure contrattuali. Perchè un corpus normativo deve esistere per magistrati e avvocati dello Stato e per noi no? Al pari loro siamo difensori della P.A.
SIAMO TUTTI GIURISTI E SAPPIAMO CHE L’ANOMIA GENERA ARBITRIO. E se la vita professionale dell’avvocato rimane in balia della voluntas del singolo amministratore, allora non può parlarsi di giudizio libero, con buona pace per qualsiasi norma in materia di corruzione. Fermo restando l’aggravio qualitativo-quantitativo dovuto ai giudizi instaurati dagli avvocati per riconoscere i loro diritti e da questi vinti a fronte di difese temerarie degli enti.
Al momento siamo un’opera incompiuta. Incompiuta perché molte legislature hanno visto proporre disegni di legge dimenticati, come sanno bene i parlamentari qui presenti (p.di l. Vietti, Cola, Tucci); incompiuta perché tutte le leggi sul pubblico impiego pur prevedendo sezioni separate di contrattazione, sono puntualmente disattese, incompiuta perché anche le più recenti norme (art. 54 dlgs 150/2010, mm. da art. 40 dlgs 165/01) prevedono aree di contrattazione separata per particolari professioni, ma rimangono disapplicate, incompiuta persino nella riforma forense, che come gli ignavi danteschi, è sempre in itinere.
Consoliamoci pensando che, seppur incompiuta, siamo comunque un’opera. E le opere hanno valore. Lo sanno bene i nostri Enti, non foss’altro per gli effetti benefici sui bilanci che produciamo, certificati dalle Sez Riun Corte Conti, parere n.51 del 4 ottobre scorso.
OSCAR WILDE DISSE CHE “IL SENSO DEL DOVERE È UN’ORRIBILE MALATTIA”. PENSO SIA VERO! E NOI NE SIAMO INSANABILMENTE AFFETTI.
E, seppur controvento, IL NOSTRO SENSO DEL DOVERE CI SPINGE A NON ARRENDERCI, A LOTTARE PER QUEL “RUOLO SEPARATO” CHE RAPPRESENTA IL SOLO BALUARDO DI GARANZIA DELL’AUTONOMIA ED INDIPENDENZA DAL CONDIZIONAMENTO POLITICO DELL’AVVOCATURA, poiché non possiamo consentire che il nostro “cliente”, che è anche il nostro “datore di lavoro”, sia parte di un Paese “a civiltà limitata” qual è un Paese che si regge sull’illecito.
IL TUTTO NELLA CONSAPEVOLEZZA CHE UN VERO PIANO EFFICACE CONTRO LA CORRUZIONE DELLA P.A. NON PUÒ PRESCINDERE DALLA CONOSCENZA PROFONDA DELLE SPECIFICHE NORME -giuridiche e di comportamento- CHE MATURA L’AVVOCATO DIPENDENTE, attesa la LAW SATURATED SOCIETY (Rodotà), in cui si opera. I tre saggi, non la sottoscritta, l’hanno certificato.
E’ dunque tutto in salita. Ma le vie tortuose e difficili sono le più interessanti, almeno consentono di mantenere alta l’attenzione!
E allora si spera che il legislatore, qui presente in larga rappresentatività, “ASCOLTI ANCHE LE VOCI CHE SEMBRANO INUTILI”, quale quella degli avvocati pubblici, per trasformare una “brutta stagione” in una in cui la speranza e la pulizia tornino a rappresentare il nostro Paese. Proprio le crisi peggiori hanno sempre portato buoni frutti.
Concludo con un pensiero ancora attualissimo di Calamandrei, pur se formulato nel 1940: “nel principio della legalità c’è il riconoscimento della uguale dignità morale di tutti gli uomini, nell’osservanza individuale della legge c’è la garanzia della pace e della libertà di ognuno. Attraverso l’astrattezza della legge, della legge fatta non per un solo caso ma per tutti i casi simili, è dato a tutti noi di sentire nella sorte altrui la nostra stessa sorte”.
Gli avvocati pubblici per avere uguale dignità morale attendono una legge, che oggi è fatta solo per un caso, l'Avvocatura dello Stato. Ci vuole poco ad estenderla per tutti i casi simili. Grazie
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