Il Vice Presidente
Perché è sbagliato sopprimere l'Ordine: ve lo spiegano gli avvocati "fuori casta".
L'Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici, rappresentativo di circa 6.000 avvocati dipendenti, desidera svolgere le seguenti brevi considerazioni, sull'errore di fondo che avvolge di facile demagogia un argomento molto più complesso: la soppressione di alcuni Ordini, fra i quali quello forense.
Riteniamo di aver titolo per intervenire nel dibattito in quanto professionisti "fuori lobby" e "fuori casta", ma avvocati fieri di esserlo.
Sul Corriere della Sera di ieri due interventi in particolare hanno suscitato sgomento nella scrivente Associazione: quello del Sottosegretario On. Catone e quello dell'On. Di Pietro.
L'On. Catone è da perdonare poiché, avendo tutt'altra formazione, evidentemente non conosce l'argomento sul quale ha scomodato persino Almirante, omettendo di precisare che Almirante pronunciò quell'affermazione ("è giusto e logico che le corporazioni tutelino se stesse"), rivolta alla lottizzazione del potere, non certo ad una categoria professionale. D'altra parte la sua brevissima permanenza nel FLI non è stata sufficiente a consentire una conoscenza approfondita dell'ampia oratoria di Almirante.
Lascia, invece, estremamente sorpresi l'affermazione dell'on. Di Pietro, ex magistrato ed ora collega, il quale ha accusato "la casta di anteporre i propri interessi a quelli dei cittadini".
Egli dovrebbe, infatti, ben sapere cosa significa concretamente abolire l'Ordine forense, attese le funzioni proprie di vigilanza e controllo sui professionisti iscritti a garanzia dei cittadini e non contro i cittadini. Anzi, dovrebbe esserne esperto, dato che di tale vigilanza e controllo egli ne è stato soggetto direttamente interessato, come le cronache hanno diffusamente informato.
Lo stesso Filippo Facci, quest'oggi, nel proprio articolo, incorre in un ossimoro paradossale: nel cercare di contestare la reazione suscitata nel CNF, OUA, avvocati-parlamentari, dalla norma che voleva abolire l'Ordine forense, egli rammenta (qui sta la contraddizione) "che in Italia ci sono 230.000 avvocati quando in Francia sono 48.000". Aggiungiamo noi che mentre in Italia ci sono oltre 120.000 cassazionisti, in Francia sono in tutto un'ottantina.
Abolire l'Ordine forense avrebbe l'effetto diametralmente opposto di ciò che il bravissimo Facci sostiene: non migliorerebbe l'odierno "sfascio della giustizia", lo peggiorerebbe ancora di più!
Non agevolerebbe l'inserimento de "l'esercito di ragazzini affamati", ma li illuderebbe ancora di più dell'esistenza di un locus amnus inesistente o quantomeno affollatissimo!
Come sostiene l'On. Lo Presti, che da conoscitore profondo delle "professioni" prima ancora che avvocato, parla sapendo cosa dice, ciò "sarebbe devastante". Perché, in assenza di vigilanza e controllo, significherebbe immettere migliaia e migliaia di nuovi "avvocati" in un settore professionale già saturo. E non ci si riferisce solo ai nuovi professionisti (quelli cioè che escono dall'Università ad accesso libero e raccogliticcio di tutti coloro che non superano i tests d'ingresso nelle facoltà a numero chiuso), ma anche alle migliaia di pubblici dipendenti che, in possesso del titolo, non possono oggi esercitare la professione, neppure se posti in part-time, se non incardinati presso un'Avvocatura pubblica in maniera stabile e continuativa, per espressa previsione normativa (art. 3, L.P. 1578/1933).
La quantità spesso contrasta con la qualità.
Si rammenta, infine, che la professione forense è implicitamente prevista dalla Costituzione (art. 24, Cost.), e dunque deve essere esercitata con requisiti di moralità, correttezza, serietà e preparazione ineccepibili. Qualità, queste, il cui rispetto viene oggi garantito ai cittadini dalle irrinunciabili funzioni svolte dagli Ordini forensi.
Per concludere, invece di perdere tempo in sterili polemiche su "muri trasversali", "trincee" o impropri paralleli con Bisignani, si pensi piuttosto a scandalizzarsi per l'ingiustificato "fermo" del d.d.l. di riforma della professione forense, il quale -dopo l'approvazione al Senato nel novembre dello scorso anno- è ancora fermo nei cassetti della Commissione Giustizia della Camera; si pensi a proporre una seria riforma per introdurre una "barriera" a monte dell'iscrizione "di più di quarantamila a giurisprudenza", si facciano le riforme della giustizia promesse.
Dopo anche l'abolizione degli Ordini potrebbe avere un significato.
Addì, 15.7.2011
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