lunedì 24 marzo 2014

...e il MEF (anche la RGS) li mandiamo a studiare un po'...INDOCTI DISCANT!


LA CORTE DEI CONTI VENETA, CON PARERE N. 200/2014, DEL 12 MARZO 2014, HA RIBATTUTO PUNTO PER PUNTO LA NOTA DEL SETTEMBRE 2013 DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO (M.E.F.),  IN MERITO ALL'ASSOGGETTABITA' DEI COMPENSI PROFGESSIONALI AL C.D. "TETTO" PER GLI INCENTIVI AL PERSONALE, FACENDO FINALMENTE CHIAREZZA LADDOVE LA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO (M.E.F.) AVEVA CREATO CONFUSIONE.


Il quesito, formulato con grande responsabilità istitutionale dal Comune di Rovigo, tendeva a chiarire una volta per tutte sull'assoggettamento dei fondi per salario accessorio dei dipendenti, comprensivi di compensi professionali di avvocatura non derivanti da condanna alle spese di controparte, ai limiti previsti dall'art. 9 comma 2 bis del D.L. 78/2010 convertito in legge 122/2010, precisando che detti compensi sono disciplinati dall'art. 27 CCNL 14/9/2000.

Premetteva il Comune di Rovigo che, in base all'insegnamento delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti (del. n. 51 del 4.10.2011) - nonché della Sezione Regionale di Controllo del Veneto (del. n. 280 del 26.4.2012) - il fattore distintivo su cui si appunta la decisione delle Sezioni Riunite, è la caratteristica della destinazione delle risorse: se si tratta di risorse destinate a prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati ed individuabili (come, appunto, i compensi dell'avvocatura e di progettazione), dette risorse non sono soggette al limite; se si tratta di risorse destinate a finanziare incentivi spettanti alla generalità del personale (non remunerative quindi di prestazioni professionali tipiche) allora tali risorse sono assoggettate all'art. 9 comma 2 bis. In quest'ottica appare quindi irrilevante la circostanza che queste risorse siano autoalimentate o etero finanziate (con specifico riferimento ai compensi di avvocatura, a seguito di condanna di controparte alla rifusione delle spese).
La Sezione Regionale di Controllo del Veneto aveva in precedenza osservato che, in relazione alle ipotesi di deroga al limite di cui all'art. 9 comma 2 bis individuate dalle Sezioni Riunite, si tratta di prestazioni professionali tipiche la cui provvista all'esterno potrebbe comportare aggravi di spesa a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche: sono, quindi, da escludere dai limiti i compensi di avvocatura riferiti a soggetti individuati ed individuabili; il fatto che siano o meno eterofinanziati non è il discrimine per l'assoggettamento al limite.

Rileva però il Comune di Rovigo che un recente parere del MEF del 4 settembre 2013, invece, conformandosi al diverso assunto di cui alla deliberazione n. 3 del 2013 della Sezione Regionale di Controllo dell'Umbria, avrebbe affermato, quale discrimine per l'assoggettamento al limite, il fatto che i compensi siano o meno finanziati dalla parte soccombente (o dal bilancio in caso di sentenza favorevole ma con compensazione delle spese).

Affermava -nel richiedere il parere- il Comune di Rovigo che, "nel caso in cui si dovesse accogliere tale interpretazione (e, cioè, compensi avvocatura a seguito di sentenza favorevole a spese compensate soggetti al limite e compensi avvocatura a seguito di sentenza favorevole con condanna alle spese della parte soccombente non soggetti al limite), si determinerebbe una sostanziale impossibilità di gestione dell'istituto in quanto bisognerebbe includere nel fondo annuale gli importi previsti per quell'anno a titolo di compensi di toga, assoggettarli tutti ai limiti dell'art. 9 comma 2 bis (non sapendo quali saranno gli esiti dei processi (favorevoli o meno e con spese compensate o meno), esiti che potrebbero arrivare anche anni dopo; nel frattempo però si sarebbero operate delle riduzioni sul fondo (applicandole magari ad altre voci di spesa) che non sarebbero state corrette (ma questo sarebbe verificabile solo dopo); se invece questi compensi fossero inseriti nei fondi solo al momento delle sentenze e della conoscenza che si tratta o meno di spese rimborsate, quindi al momento di erogare i compensi e quindi nel fondo dell'anno di erogazione, si potrebbe determinare una continua revisione del fondo di quell'anno (con il ricalcolo dei relativi limiti ex art. 9 comma 2 bis) in funzione delle sentenze via via emanate, dei recuperi -che spesso sono rateizzati- avvenuti con una conseguente incertezza rispetto ad una quantificazione del fondo che deve essere preventiva e tempestiva cioè all'inizio dell'anno sia per quanto attiene alla costituzione sia per quanto riguarda la prevedebile gestione”.

Ciò detto, il Comune di Rovigo ha richiesto il parere alla Corte dei Conti in merito alla problematica così delineata.

LA CORTE DEI CONTI HA COSI' ARGOMENTATO, DECIDENDO NELL'UNICO SENSO POSSIBILE, QUELLO CHE GLI AVVOCATI PUBBLICI SEMPRE HANNO ESPRESSO AI LORO ENTI....

Si riportano le motivazioni "IN DIRITTO":

<<Esaminando il merito del quesito sottoposto a questa Sezione di Controllo si osserva quanto segue.
Va preliminarmente precisato che spetta all'Ente richiedente la valutazione relativa alla attuale, concreta applicabilità dell'art. 27 CCNL 14/9/2000, che impone agli enti locali provvisti di avvocatura di disciplinare la corresponsione dei compensi professionali secondo i principi di cui al RDL 27.11.1933 n. 1578 (“Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore”), alla luce dell'intervenuta abrogazione dell'intero corpo normativo ad opera della Legge 31.12.2012 n. 247 (“Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense”), in vigore dal 1.2.2013 e della precedentemente intervenuta abrogazione del sistema tariffario di determinazione dei compensi dell'avvocatura ad opera del D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 , convertito nella legge 24 marzo 2012 n. 27 (c.d. decreto liberalizzazioni), in assenza di un sistema legale di determinazione dei compensi al di fuori dei parametri specificamente approvati con D.M. 140/2012 per la liquidazione giudiziale dei compensi medesimi -nelle more dell'entrata in vigore del regolamento previsto dall'art. 13 della legge 247/12- e/o in presenza o meno di specifica disciplina contrattuale o normativa regolamentare anche in relazione alla affermata natura omnicomprensiva dei compensi, non più articolati in diritti ed onorari.
La su richiamata valutazione va necessariamente effettuata dall’ente in quanto l’ambito della funzione consultiva delle Sezioni di controllo non può sostituirsi al concreto accertamento istruttorio, oltretutto non consentito dalla sopra ricordata giurisprudenza di questa Corte (deliberazione 24 aprile 2004 della Sezione delle autonomie), al fine di non incorrere nel coinvolgimento diretto di questa Sezione nell’amministrazione attiva di competenza dell’Ente interessato, non rientrante nei canoni dalla funzione consultiva demandata alla Corte dei conti la quale presuppone la non riconducibilità dei pareri richiesti ad ipotesi concrete (vedasi, in proposito, le deliberazioni 27 aprile 2004 già citata e n. 5/AUT/2006 del 10 aprile 2006 della Sezione delle Autonomie).

Ciò preliminarmente precisato, appare opportuno rappresentare che questa Corte –e questa stessa Sezione- hanno già avuto modo di pronunciarsi in merito all’assoggettabilità o meno dei compensi per l’avvocatura interna al tetto di spesa posto dall’art. 9 comma 2 bis del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010 n. 122.
In particolare, le Sezioni Riunite in sede di controllo con delibera QM 51/CONTR/11 del 4 ottobre 2011 -ferma restando la natura di norma di stretta interpretazione che non ammette, in linea di principio, deroghe ed esclusioni (sul punto cfr. anche delibera n. 285/2011/PAR di questa Sezione)- hanno statuito che “ai fini del calcolo del tetto di spesa cui fa riferimento il citato vincolo, necessario a calcolare l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio, occorrerà sterilizzare, non includendole nel computo dell’importo 2010, le risorse destinate a remunerare le prestazioni di progettazione interna e le prestazioni professionali dell’avvocatura interna, stante la loro natura “professionale” che le rende non destinabili alla generalità dei dipendenti dell’Ente attraverso lo svolgimento della contrattazione integrativa”, in tal modo abbandonando il criterio precedentemente adottato, fondato sulla circostanza che si tratti “di compensi pagati con fondi che si autoalimentano con i frutti dell'attività svolta dai dipendenti, e, di conseguenza, non comportano un effettivo aumento di spesa” (Sez. Autonomie 16/2009) ed optando, invece, per il diverso criterio fondato sull’esclusione delle sole risorse di alimentazione dei fondi “destinate a remunerare prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati o individuabili e che peraltro potrebbero essere acquisite attraverso il ricorso all’esterno dell’amministrazione pubblica con possibili costi aggiuntivi per il bilancio dei singoli enti (Corte dei conti SS.RR.QM 51/CONTR/11 del 4 ottobre 2011)”, criterio rispetto al quale, quindi, la forma di finanziamento delle risorse appare neutrale.

Questa Sezione ha, poi, precisato che “il nuovo indirizzo assunto dalla SSRR, decisamente più restrittivo del precedente, valorizza implicitamente infatti la antica ma sempre valida distinzione tra funzioni (essenzialmente dirette all'esplicazione di pubbliche potestà e che, per quel che riguarda gli Enti locali, vanno riservate almeno tendenzialmente ai loro organi e uffici istituzionali »: Tar Lazio 1512 - 30 settembre 1997) e servizi (consistenti precipuamente in attività di ordine tecnico o materiale), il cui connotato fondamentale è quello inerente a prestazioni professionali tipiche la cui provvista all’esterno potrebbe comportare aggravi di spesa a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche mediante il ricorso al mercato(Corte dei conti SS.RR.QM 51/CONTR/11 del 4 ottobre 2011)(cfr. delibera n. 285/2011 PAR di questa Sezione)”.

La ratio delle ipotesi –tassative- di esclusione dall’ambito applicativo dell’art. 9 comma 2 bis del citato D.l. 31 maggio 2010 n. 78 individuate dalle SSRR (confermata nella successiva deliberazione n. 56/CONTR/11 delle Sezioni Riunite in sede di controllo) risiede, quindi, nell’alternativa make or buy: dai connotati della professionalità e tipicità della prestazione nonché della individuabilità del soggetto prestatore consegue che le risorse destinate alla remunerazione dell’attività “alimentano il fondo in senso solo figurativo dato che esse non sono poi destinate a finanziare gli incentivi spettanti alla generalità del personale dell’amministrazione pubblica” (Corte dei conti SS.RR.QM 51/CONTR/11 del 4 ottobre 2011).

Il principio così enunciato consente di “evitare effetti distorsivi nell’applicazione della norma, come ad esempio nel caso in cui un ente, nel 2010, abbia destinato consistenti risorse a dette finalità, con ciò elevando in modo improprio il tetto delle risorse complessive destinabili alla contrattazione integrativa” (Corte dei conti SS.RR.QM 51/CONTR/11 del 4 ottobre 2011).
Il percorso esegetico seguito dalle SSRR di questa Corte –integralmente condiviso dalla Sezione- ed in particolare dell’osservazione da ultimo svolta non sembra poter essere superato dalle sintetiche argomentazioni rinvenibili nella nota del MEF del 4.9.2013 che sembrerebbe differenziare l’ipotesi dei compensi riconoscibili agli avvocati non derivanti da condanna alle spese di controparte da quelli, appunto, da quest’ultima derivanti.
I primi inciderebbero sugli equilibri di bilancio e come tali sarebbero quindi assoggettati alla norma limitativa, i secondi no.
Non può peraltro non rilevarsi che tale differenziazione condurrebbe a quegli effetti distorsivi dell’applicazione della norma paventati dalle SSRR.

Da un lato, infatti, la peculiare caratteristica dell’attività di difesa legale (non essendo prevedibile né il tempo della decisione né la statuizione sulle spese, elementi entrambi conoscibili solo al momento del deposito della sentenza) costringerebbe l’Amministrazione ad una previsione soggetta a continua revisione anche in corso d’anno, con pregiudizio principalmente della funzione di programmazione e di previsione della spesa e, non secondariamente, della corretta determinazione del tetto delle risorse destinabili alla contrattazione integrativa".


PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE DEI CONTI HA STABILITO UNA VOLTA PER TUTTE IL 12/03/2014 CHE HA ERRATO IL M.E.F. RENDENDO UN PARERE SBAGLIATO, IN MATERIA CHE NON GLI COMPETE E NON CONOSCE.

Si spera solo che i dirigenti che hanno ricevuto corretti pareri dalle proprie avvocature, non abbiano scelto di sbagliare - con risvolti di responsabilità contabile personale - disattendendo l'orientamento reso al fine di consentire loro di evitare responsabilità. 

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