(dal Dossier - Schede di Lettura della Commissione Bilancio del Senato, Agosto 2014)
Si riporta (compresi gli errori):
(...)
Articolo 9
(Riforma degli onorari dell'Avvocatura generale dello Stato e delle avvocature degli enti pubblici)
Il comma 1, come riformulato nel corso dell'esame in prima lettura, prevede che i compensi professionali corrisposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, sono computati ai fini del raggiungimento del limite retributivo di cui all’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. È abrogato l'articolo 1, comma 457, della legge di stabilità 2014.
Il comma 2 prevede che nell’ipotesi, invece, che il giudice decida la compensazione integrale delle spese (comprese quelle di transazione a seguito di sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche), agli avvocati dipendenti, compresi gli avvocati dello Stato, non sono corrisposti compensi professionali da parte dell’Erario.
Il comma 3, riformulato nel corso dell'esame in prima lettura, ha stabilito che nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni di cui al comma 1, esclusi gli avvocati e i procuratori dello Stato, nella misura e con le modalità stabilite dalla contrattazione collettiva ai sensi del comma 5, in modo da consentire l’attribuzione a ciascun avvocato di una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo. La parte rimanente delle suddette somme è riversata nel bilancio dell’amministrazione.
Il comma 4, anch'esso riformulato nel corso dell'esame in prima lettura, prevede che nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, il cinquanta per cento delle somme recuperate è ripartito tra gli avvocati e procuratori dello Stato secondo le previsioni regolamentari dell’Avvocatura dello Stato, adottate ai sensi del comma 5. Un ulteriore venticinque per cento delle suddette somme è destinato a borse di studio per lo svolgimento della pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato, da attribuire previa procedura di valutazione comparativa. Il rimanente venticinque per cento è destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all’articolo 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni.
Il comma 5 stabilisce che i regolamenti dell’Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici e i contratti collettivi prevedono criteri di riparto delle somme di cui al primo periodo del comma 3 e al primo periodo del comma 4 in base al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l’altro della puntualità negli adempimenti processuali. I suddetti regolamenti e contratti collettivi definiscono altresì i criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi, da operare ove possibile attraverso sistemi informatici, secondo principi di parità di trattamento e di specializzazione professionale.
Il comma 6 afferma che in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, non sono corrisposti compensi professionali. Nei giudizi di cui all’articolo 152 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, possono essere corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali delle relative amministrazioni e nei limiti dello stanziamento previsto. Il suddetto stanziamento non può superare il corrispondente stanziamento relativo al 2013.
Il comma 7 stabilisce che i compensi professionali di cui al comma 3 e al primo periodo del comma 6 possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo.
Il comma 8 prevede che il primo periodo del comma 6 si applica alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. I commi 3, 4 e 5 e il secondo e il terzo periodo del comma 6 si applicano a decorrere dall’adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi di cui al comma 5, da operare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In assenza del suddetto adeguamento, a decorrere dal 1° gennaio 2015, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, non possono corrispondere compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato.
Il comma 9 prevede che dall’attuazione del presente articolo non devono derivare minori risparmi rispetto a quelli già previsti a legislazione vigente e considerati nei saldi tendenziali di finanza pubblica.
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La RT aggiornata riferisce che la disposizione prevede un intervento organico di razionalizzazione del sistema di erogazione dei compensi professionali, sia nei casi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti che in quelli di pronunciata compensazione integrale delle spese stesse. La nuova disciplina produce risparmi che saranno accertati a consuntivo.
Rispetto alla versione originaria dell'articolo 9 contenuta nel d.l., la nuova formulazione dello stesso prevede:
A) gli onorari professionali delle avvocature pubbliche rilevino ai fini del limite di 240.000 euro, di cui al d.l. n. 66 del 2014,
B) introduce criteri diversi di limitazione degli onorari per le spese recuperate e per le spese compensate;
C) introduce regimi differenziati per gli avvocati dello Stato e per quelli delle altre pubbliche amministrazioni, in considerazione della diversa natura del relativo rapporto di lavoro e, quindi, della diversità di fonti di disciplina dello stesso.
Come già osservato, la disciplina dell'art. 9 è suscettibile di generare risparmi che vanno valutati considerando la situazione precedente, all'emanazione del d.l.
In altri termini, gli effetti finanziari della disciplina in esame vanno valutati considerando non la disciplina originaria del d.l., ma la sua assenza, tenuto conto che i risparmi associabili alla originaria stesura dell'articolo 9 non sono stati quantificati né utilizzati a copertura di altre norme, essendone stato previsto, nella relazione tecnica, l'accertamento a consuntivo.
Ad ogni modo, le modifiche introdotte in sede di conversione non sembrano suscettibili di produrre "minori" risparmi, mentre possono generarne di "maggiori" (risparmi), soprattutto per via di due innovazioni.
In primo luogo, come accennato, i compensi professionali sono stati ricondotti nell'ambito del limite retributivo di cui all'articolo 23-ter del d.l. n. 201 del 2011, ai fini del quale fino a ora non venivano fatte rientrare. (Soprattutto per l'Avvocatura dello Stato, l'applicazione del limite in esame comporta un risparmio, in presenza di trattamenti economici superiori al suddetto limite. In secondo luogo, con riferimento specifico agli avvocati non appartenenti all'Avvocatura dello Stato, in sostituzione del limite percentuale ai compensi corrispondenti alle spese liquidate e a quelle compensate che possono essere attribuiti, è introdotto un limite complessivo per ciascun avvocato, che – in virtù del comma 7 – può al massimo raddoppiare il proprio trattamento economico).
Parte dei risparmi derivanti dalla nuova disciplina si produrrà a partire dall'adeguamento previsto dal comma 8.
Tra le disposizioni che entrano in vigore immediatamente, l'abrogazione dell'art. 1, co. 457, della legge n. 147 del 2013 può generare "minori" risparmi, che sono più che bilanciati dalla menzionata applicazione agli avvocati pubblici del limite di cui al d.l. n. 201 del 2011. Va ricordato, al riguardo, che quello operato dal citato co. 457 è un abbattimento del 25% dei compensi per spese compensate e del 25% sul 50% (cioè del 12,5%) di quelli per spese liquidate. L'applicazione del nuovo limite genera riduzioni di compensi, in particolare per gli avvocati dello Stato, superiori A quelli derivanti dal citato articolo 1, comma 457.
Il prospetto riepilogativo non evidenzia effetti d'impatto sui saldi di finanza pubblica.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, tenuto conto che dal tenore delle norme in esame sembrerebbe che le stesse siano senz'altro suscettibili di determinare effetti di risparmio, rispetto alla spesa sostenuta dalle PA in relazione ai compensi previsti dalla legge per l'assistenza legale in giudizio da parte degli Avvocati delle PA – ivi inclusi quelli dello Stato – per i quali, peraltro, a fini prudenziali, non vengono quantificati effetti finanziari dalla RT, non ci sono particolari osservazioni.
Ad ogni modo, in considerazione della riscrittura del dispositivo rispetto alla sua formulazione contenuta nel ddl iniziale, appare opportuno acquisire un chiarimento circa la portata applicativa delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4, le cui norme appaiono delineare modalità di ripartizione delle somme recuperate per spese legali a carico delle controparti, in caso di sentenza favorevole, con particolare riferimento all'assistenza in giudizio rispettivamente prestata da avvocati di enti e a quella prestata dai legali dell'Avvocatura dello Stato.
Inoltre, un chiarimento andrebbe richiesto in merito ai riflessi finanziari derivanti dalla abrogazione (comma 1) dell’articolo 1, comma 457, della legge n. 147/2013, laddove – dal 1° gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016 – era stata stabilita la riduzione al 75 per cento degli onorari liquidati in seguito a sentenze favorevoli alla pubblica amministrazione, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (compreso il personale dell'Avvocatura dello Stato) i cui risparmi, sarebbero dovuti già affluire annualmente in un apposito capitolo, al bilancio dello Stato, dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia.
Ad ogni buon conto, si segnala che alla analoga norma di cui all’art. 1, comma 457, della legge di stabilità 2014, abrogata dal comma 1, che ha previsto una meno incisiva riduzione dei predetti compensi, sono stati invece ascritti effetti di risparmio sui saldi finanza pubblica pari a 7,3 milioni di euro (sul saldo netto da finanziare) e a 9,5 milioni di euro (su fabbisogno ed indebitamento netto) per ciascun anno del triennio 2014-2016.
Circa poi la clausola di neutralità indicata al comma 9, va comunque sottolineato che la stessa dovrebbe essere accompagnata dalla illustrazione degli elementi e dei dati idonei a comprovarne l'effettiva sostenibilità, risolvendosi contrariamente in una mera affermazione di "principio" priva di dimostrata fondatezza.
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Trascrizione interventi sulla questione di fiducia - ore 11,30
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1582
PRESIDENTE.
Dichiaro aperta la discussione sulla questione di fiducia.
(...)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice De Pin. Ne ha facoltà.
DE PIN (Misto-ILC). Signora Presidente, dall'approvazione del decreto da parte del Consiglio dei Ministri sono trascorsi 11 giorni prima di arrivare alla firma di Giorgio Napolitano. Un chiaro segnale della preoccupazione del Presidente della Repubblica verso una riforma della pubblica amministrazione che lascia perplessi per il numero di punti oscuri.
Il Presidente da anni critica l'uso ingiustificato dei decreti legge per affrontare problemi strutturali. Il Governo Renzi sta abusando chiaramente della decretazione d'urgenza per le sue riforme. Ripeto anch'io che è stato costretto a chiedere 18 voti di fiducia in soli sei mesi. Il Parlamento viene privato in questo modo del tempo necessario per discutere provvedimenti corposi, dove è contenuto un po' di tutto. Lo svuotamento del potere legislativo a vantaggio dell'esecutivo prosegue anche senza la necessità della riforma costituzionale che - mi permetta - io chiamo riforma truffa.
Si continua inoltre con la politica degli annunci. Questi decreti ministeriali attuativi dovranno essere varati per effetto di questa riforma. Ben 25! Troppi, per non pensare che alla fretta del Governo non corrisponda una politica del rinvio. Nel decreto sono contenute proposte aggrovigliate, per non dire inconcludenti, scritte in perfetto burocratese. La cancellazione simmetrica di decine di commi di norme precedenti, oltretutto, porterà sicuramente a numerosi contenziosi, ingolfando ancora di più la giustizia italiana.
Vorrei sottolineare alcuni punti del decreto che mi hanno colpito maggiormente. Secondo il Governo, cancellare il trattenimento in servizio libererebbe 15.000 posti per i giovani. Il condizionale è d'obbligo in quanto lo stesso ministro Madia non è in grado di indicare una cifra precisa sul numero dei posti vacanti.
Le singole amministrazioni, infatti, potranno mandare via unilateralmente chi ha raggiunto il massimo dell'anzianità contributiva. Con quali criteri tale decisione verrà presa? Lasciare alle amministrazioni decidere chi è una risorsa e chi, invece, può andare in pensione in Italia significa discriminazione, favoritismo e clientelismo.
La norma doveva essere netta e inequivocabile per potere davvero funzionare. Le amministrazioni, poi, potranno dare incarichi gratuiti ai dipendenti andati in pensione. Ma in questo modo non si libereranno realmente i posti per i giovani.
Ieri, infine, abbiamo assistito all'ennesima prova dell'improvvisazione del Governo. Dopo che Cottarelli e la Ragioneria generale dello Stato avevano indicato la mancanza delle coperture finanziarie, l'Esecutivo è stato costretto a ritirare la misura di correzione del sistema previdenziale dell'ex ministro Fornero, la già famosa quota 96.
Ad oltre 4.000, tra insegnanti e personale scolastico, continua ad esser negata la pensione a causa di un errore madornale. Cosa dirà adesso il ministro Madia agli insegnanti? Ci dispiace, ci siamo sbagliati. Per la pensione dovete ancora aspettare. L'impreparazione e l'incompetenza di alcuni membri del Governo dovrebbe avere delle conseguenze. È veramente stupefacente giocare sulla pelle dei cittadini in questo modo.
Si pretende di riformare la pubblica amministrazione prima di aver ridefinito compiti e funzioni dello Stato centrale e degli enti locali. Insomma, si ristruttura il tetto, senza sapere se le fondamenta della casa reggono. Si promettono decine di migliaia di posti di lavoro ai giovani, come frutto della rottamazione anticipata di qualche migliaio di dirigenti «anziani».
Io penso che solo la reale meritocrazia nella pubblica amministrazione ridarà ai cittadini la fiducia verso lo Stato e i suoi dipendenti. Pertanto, anticipo il mio voto totalmente contrario.(Applausi dai Gruppi Misto-ILC e Misto-SEL).
(...)
Dichiaro chiusa la discussione sulla questione di fiducia posta dal Governo.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.700 (testo corretto), presentato dal Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, con le modifiche approvate dalla 1aCommissione permanente, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia.
ICHINO (SCpI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ICHINO (SCpI). Signora Presidente, signora Ministro, sulla parte più rilevante dei contenuti di questo provvedimento legislativo abbiamo già detto ieri in sede di discussione generale e, per la parte relativa ai risvolti previdenziali e al ricambio generazionale, anche nella relazione che ho svolto in Commissione lavoro, sabato mattina.
Non è sui contenuti specifici che torniamo dunque ora per dichiarare il nostro voto di fiducia al Governo su questo provvedimento, ma sulla replica che abbiamo ascoltato da lei, signora Ministro, questa mattina. Lei ha detto, e concordiamo con lei senza riserve su questa affermazione, che la questione cruciale è quella della capacità di applicare le norme, farle funzionare nel corpo vivo delle amministrazioni, prima ancora che riscriverle.
Questo è il grande problema che dobbiamo affrontare con urgenza, perché - è grave e triste dirlo, ma questa è la cruda realtà nel nostro Paese - paradossalmente le amministrazioni pubbliche oggi costituiscono l'area di più intensa disapplicazione della legge dello Stato. Sono attualmente del tutto disapplicate le norme vigenti in tema di rilevazione delle eccedenze di organici, in tema di attivazione d'ufficio delle procedure di mobilità di cui all'articolo 33 del testo unico del 2001, in tema di responsabilità del dirigente per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 21 dello stesso testo unico. Sono quasi del tutto disapplicate le norme vigenti in materia di valutazione dei dirigenti e di commisurazione delle retribuzioni al merito.
Alle 15,15 circa dopo la votazione il Presidente di turno dichiara:
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito i senatori Segretari a procedere al computo dei voti.
(I senatori Segretari procedono al computo dei voti).
Proclamo il risultato della votazione nominale con appello dell'emendamento 1.700 (testo corretto) interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, con le modifiche approvate dalla 1aCommissione permanente, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia:
Senatori presenti
|
268
|
Senatori votanti
|
266
|
Maggioranza
|
134
|
Favorevoli
|
160
|
Contrari
|
106
|
Il Senato approva.
(Applausi dai Gruppi PD e NCD. Applausi ironici del senatore Marton).
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