giovedì 25 ottobre 2012

79 anni per una riforma....1 solo deputato per una norma di civiltà

Le avvocature pubbliche esistono da oltre un centinaio d'anni.
Le più longeve (Bologna, Roma, Napoli) addirittura preesistono all'Avvocatura dello Stato.
Eppure l'unica avvocatura dipendente ad avere una propria normativa regolamentare, che uniforma status, trattamento economico, organizzazione, funzionamento degli avvocati e della struttura, è proprio l'Avvocatura dello Stato. Peraltro, l'unica i cui avvocati non soggiacciono ad un "doppio status" e ad un "doppio potere disciplinare".
La legge professionale del 1933 prevede(va) all'art. 3 il regime dell'incompatibilità fra professione forense e lavoro dipendente, con una eccezione: noi. 
Così, per 79 anni, e sino ad ora, il nostro è stato uno status d'"eccezione"..., non nel senso di "eccezionale", di un "gran status", no, nel senso di "eccezione alla regola"....
"Che lavoro fai?"
"L'eccezione alla regola".
"Ahhh!" (faccia stupita)
Altro che decoro della professione!
E il bello è che tutti gli avvocati (c.d. "del libero foro") mai si sono indignati, mai hanno pensato che avere fra i propri colleghi delle "eccezioni alla regola" sminuisse anche il loro ruolo.
Macché.
Solo di recente, quando oramai l'opinione pubblica tende a detestare ogni categoria, bollandola come lobby, i nostri "liberi" colleghi si sono accorti di noi, implorandoci di votarli, porgendoci il salvadanaio per il contributo annuale, coinvolgendoci nell'organizzazione di eventi formativi.
In altre parole, si sono resi conto che il nostro ruolo, silenzioso, costante, fedele alle istituzioni che difendiamo con dedizione e specializzazione, con forti risparmi alle casse erariali, è un ruolo professionale forte.
Non sufficientemente forte, però, per essere coinvolti nelle decisioni che ci riguardano, che vengono ben mantenute strette da una "solita" cerchia che vorrebbe rappresentarci senza rappresentarci....
Che valga anche qui il principio della "rappresentanza a nostra insaputa"?
Dato che a noi non piace che le cose avvengano "a nostra insaputa", ma ci piace mettere la faccia in tutto ciò che facciamo, abbiamo deciso di percorrere una diversa strada, in salita, stretta, sabbiosa....Ma proprio le difficoltà aiutano a mantenere viva la concentrazione, a non distrarsi, a mirare dritti all'obiettivo...
Noi....enfants terribles...dell'Avvocatura.
Bello, d'ora in poi così vorremo essere chiamati: enfants terribles, capitanati da uno più terrible di tutti: l'On. Lo Presti, avvocato "pubblico" ad honorem

Ora che la norma è passata, in molti vorrebbero -forse- attribuirsene il merito.
E allora diciamola questa verità.


UN PO' DI STORIA DELL'ART. 23-RIFORMA FORENSE .....
La storia dell'art. 23 approvato ieri dalla Camera, nasce molto, molto tempo fa.
Vista la "collaborazione" che i colleghi del libero foro ci prestavano, che da 1 a 10 collocherei a zero, si decise di utilizzare altri canali agendo per nostro conto, al grido di: "se a noi non pensiamo noi, non ci pensa nessuno".
E allora via. Alcuni colleghi avevano contattato parlamentari per spiegare (e qui sintetizzo) che l'assenza di regole crea disparità di trattamento fra lavoratori che svolgono la stessa professione da nord a sud e ritorno.
I vari parlamentari, dunque, avevano annuito alle nostre istanze (avete presente i cagnolini che molti anni fa usava mettere nelle auto, che scuotevano la testa ad ogni sobbalzo? Ecco...), e avevano nel tempo preso impegni che, poi, non sono mai stati onorati.
UNAEP (Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici) non è mai stata a guardare. Negli anni, aveva promosso diversi disegni di legge per regolare la professione forense svolta per le P.A., i quali stanno ancora vagando persi chissà dove.
Poi, alla fine del 2005 un balzo in avanti con l'entrata di persone nuove in UNAEP, determinate, cocciute, rompipalle...con garbo. La decisione di virare verso la rappresentatività e di stringere i tempi per giungere ad una regolamentazione uniforme in sede legislativa, poiché ove vige l'anomia, si allarga la discrezionalità e la discriminazione.
E' però con la legislatura iniziata nel 2008, che vi è stata una novità: l'invito rivolto agli Ordini forensi da parte dell'allora ministro Alfano, per redigere una bozza di riforma, riforma che si sarebbe impegnato a portare in Parlamento.
Ovviamente nessuno ha pensato che esisteva la pubblica Avvocatura......
Fortunatamente, il collega avv. Murra dell'Avvocatura Capitolina, all'epoca Consigliere dell'Ordine di Roma, propose ad un senatore il testo di un "articolo" sull'Avvocatura dipendente da inserire.
Questo "collega" senatore, per tenerci un po' buonini e visto che era iscritto all'Ordine di cui Murra era consigliere, decise di accoglierlo ma "limarlo" talmente tanto che, alla fine, nulla aggiungeva all'"eccezione" in cui eravamo relegati dal 1933...
Ma noi buonini non ci stiamo....
E così, in vista dell'iter del d.d.l. di riforma forense, nel maggio del 2009 ci è venuto in mente di organizzare un grosso Convegno Nazionale a Napoli sul tema delle Avvocature Pubbliche, per "uscire" dall'angolo, per farci conoscere e, quindi, promuovere noi stessi, poiché in diritto, chi tace...non dice niente!
Ci servivano parlamentari.
E fra i tanti parlamentari che potevano capitarci, la vita decise di farci un regalo:  l'on. Lo Presti.
Egli, avvocato pure, come tutti gli altri prima di lui, non conosceva granché delle nostree specificità e delle nostre necessità; a differenza però di tutti gli altri prima di lui, la curiosità dell'intelligenza lo spinse a voler conoscere, sapere, approfondire.
Ecco com'è andata. ...Quasi. C'è sempre un "davanti alle quinte" e un "dietro alle quinte". L'importante è che il film avanzi.
E per far avanzare il film, l'On. Lo Presti ha deciso di prendere a cuore la nostra situazione ...molto stile "romantico", ove la letteratura insegna che la realtà sociale dei "poveri, derelitti ed abbandonati" tocca il cuore.
Che sia perchè il "romanticismo" nasce in Sicilia e Lo Presti è siciliano? Be', in quel caso, davvero una bella botta di cu.. fortuna!
Con lui quindi abbiamo riscritto l'articolo, dandogli una seppur minimale dignità, con lui è stato portato avanti fra mille difficoltà, fra mille stop and go, segnato da immotivate espunzioni, ma senza tregua, senza mai perdere la fiducia nella legittimità delle nostre richieste e, sopratutto, nel valore di chi le stava portando avanti....
Una sentinella d'eccezione, per noi, "eccezioni alla regola". Fatti l'uno per gli altri, dunque!
Oltre due anni fa il voto al Senato sul d.d.l. di riforma forense: il nostro articolo era lì. Per la prima volta. Fin lì solo i giudici a colmare la latitanza del legislatore.
Ieri, 24 ottobre 2012, il voto favorevole alla Camera sull'art. 23 che ci riguarda (il film potrebbe essere "i sopravissuti delle Ande", cannibalizzati ma vivi).
L'On. Lo Presti ha svolto la dichiarazione di voto. Non era necessario, molti articoli sono stati votati senza dichiarazioni, ma lui ha voluto farla.
Al di là delle parole usate (che sotto "copio"), colpisce come egli, una volta preso l'impegno il 9 maggio 2009, ad oltre tre anni di distanza, nel giorno della votazione dell'articolo in parola (24 ottobre 2012), abbia voluto essere li a dichiarare, lui a nome nostro, per portare fino in fondo l'impegno preso.
...Se questo è un uomo..
Sembra una favola, di quelle a lieto fine, dove tutti ...."vissero felici e contenti".
In realtà è solo la prima "pietra miliare". Ora, amici, dobbiamo gettare le "altre miglia"!

Ecco allora il perchè di un grazie di cuore a lui da parte di tutta l'UNAEP, a cui aggiungo le associazioni federate di ANLUI (Associazione Legali Università Italiane) e FLEPAR (Federazione Legali Parastato), arogandomi il diritto di citarle.

Un grazie di cuore anche a tutti i Colleghi che sostengono convintamente UNAEP e che sopportano in particolare il Vice Presidente.......che davvero è une énfant terrible..

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SEDUTA MONTECITORIO DEL 24 OTTOBRE 2012 - ART 23
(stralcio)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 23. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, intervengo per una breve dichiarazione di voto. L’articolo 23 è una norma importante che stiamo per votare, ed è una norma fondamentale per la categoria degli avvocati degli enti pubblici. Essa stabilisce due principi fondamentali: riconosce autonomia e indipendenza agli avvocati degli enti pubblici e riconosce agli stessi un adeguato trattamento economico, che poi è il presupposto per l’autonomia e l’indipendenza. Questa norma rappresenta il doveroso e significativo riconoscimento del ruolo fondamentale che svolgono gli avvocati degli enti pubblici a presidio della legalità, a tutela della coerenza dell’azione amministrativa svolta dagli enti, ma soprattutto anche a tutela e a garanzia degli interessi del cittadino. Quindi, questa norma, voglio sottolinearlo, cari colleghi, è un’importante conquista per tutta l’avvocatura italiana e per tutta la civiltà giuridica italiana.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’articolo 23. Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione. La Camera approva
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Aspettiamo, ora, che l'Aula voti il testo nel suo complesso...

Sperando che non passino altri 79 anni. E non per il "lungo" periodo da attendere, ma solo perchè un Lo Presti non capita "in tutte le dinastie"... 

giovedì 11 ottobre 2012

Riforma forense. Cronaca di un pomeriggio in Aula alla Camera

Martedì 9 ottobre l'Aula di Montecitorio ha iniziato l'esame, articolo per articolo, del d.d.l. di riforma forense, il quale, a forza di girare "in navetta" per i rami del Parlamento, ha fatto venire il mal di mare al Sottosegretario alla Giustizia Mazzamuto, unico presente per il Governo. L'esame si è concluso alle ore 19 senza terminare l'art. 18, esaminato in parte.
Ma fin che la barca va, lasciala andare....E lei va..altroché se va. Infatti, il prosieguo della seduta nella giornata di ieri è saltato, così come, forse, salterà oggi!
Ero presente nel loggione destinato ai "visitatori". Ritenevo che rappresentanti della categoria fossero presenti, che qualche giornalista fosse presente...Nulla! Ero sola.
Leggo, quindi, con stupore alcuni articoli di stampa in argomento, e, poichè "viziati da assenza", posso davvero dire che parlano senza sapere ciò che dicono.
Lo stesso Sottosegretario (che vorrei rammentare essere un professore universitario e tecnico per finta, visto che è stato membro del CSM, dove si accede per nomina politica, e nell'ultimo governo Berlusconi è stato consigliere giuridico del ministro della Giustizia Alfano), che anche lui come me era solo come un cane, appariva disorientato e, sempre a parere di spettatrice "informata sui fatti", neppure conscio pienamente di ciò che molte norme o emendamenti significavano o contenevano.
Altrimenti  non si spiegherebbe da un avvocato-professore-politico, l'infelice affermazione del medesimo sul definire la riforma forense uno "Statuto speciale" dell'avvocatura!!
E che mai vuol dire? Qualsiasi legge diretta a regolare questioni giuridiche particolari è "speciale", così come un qualsiasi corpo articolato di norme che tutela la dignità, la libertà, l'autonomia, ecc., può essere definito "statuto". Non è così definito, ad esempio, quello dei lavoratori?
Mah! Sono i tecnici bellezza!

Simpatico anche il sistema che adotta il "Comitato dei 9" (in parole povere un gruppo di lavoro che serve a sfoltire gli emendamenti) per rammentare al proprio gruppo come deve votare: pollice alzato o pollice verso dietro la schiena! ....in streaming questo non si vede...è un "dietro alle quinte". :-))

Tornando al merito, uno dei leit motiv, ripreso nella discussione di più articoli, è stato quello  della potenziale situazione di conflitto di interessi, per il fatto che in Parlamento vi è un numero elevato di avvocati che non hanno rinunciato alla professione. Ciò per dire che si stanno facendo una legge a loro uso e consumo perpetrando situazioni di conflitto di interessi.
(Per inciso, nell'attuale Parlamento vi sono 134 avvocati, di cui 87 deputati e 47 senatori e rappresentano il 14% dei membri del Parlamento. E gli altri per arrivare a 1.000?...Vabbé, dai, non è drammatico!).
Sul punto c'è stato però un acceso ed animato dibattito, che ha coinvolto tutte le "professioni" rappresentate in parlamento, con la "felice" uscita di Casini, il quale, in un momento come quello attuale, non ha visto di meglio che dire "io sono un professionista della politica". Tradotto: non ho un lavoro e non ho mai lavorato un minuto nella mia vita.
Chapeau monsier Casini! Oggi come oggi ha toccato un argomento che va proprio di moda....

Una cosa mi ha seccato molto, una mi ha sorpreso.

Mi ha seccato che questa pantomina su un solo emendamento dell'art. 18 ha impantanato l'esame degli articoli per oltre 3/4 d'ora. Così, io che speravo di assistere al voto dell'art. 23 sugli "Avvocati pubblici", sono rimasta a bocca asciutta....
Ma ciò che mi ha sorpreso maggiormente, a parte la misera figura di un soggetto che dovrebbe "governarci" e le minchiate a sproposito che molti onorevoli hanno sparato, sono stati principalemente gli interventi dell'on. Di Pietro.
Se non fosse una disperazione pensare che è (stato?) pure avvocato (sic!!!!), ci sarebbe stato davvero da ridere. Il punto è che, ritrovandomi con nessuno con cui fingere di aver fatto battute, ridere da sola avrebbe potuto ingenerare sospetti sulla salute mentale di quella visitatrice lassù nel loggione (in ogni caso in buona ampia compagnia).

Questi alcuni passaggi degni di essere conosciuti.
Sulle funzioni di rappresentanza degli avvocati:
" ..non capisco la ragione per cui un cittadino che sente di non essere sufficientemente in grado di andare a fare una mediazione debba per forza rivolgersi ad un avvocato e non al vicino di casa che sa essere più in grado di lui di aiutarlo o al figlio che nel frattempo si è laureato in lettere, piuttosto che in un'altra materia. Nelle procedure più semplici, laddove addirittura la stessa collega ha detto che è giusto che ci siano dei casi in cui il cittadino possa difendersi da solo, lo deve fare proprio da solo: anche se ha pascolato le pecore fino ieri non si può fare assistere dal vicino di campagna che, nel frattempo, ha fatto laureare e poi ha fatto diventare scienziato il figlio, lavorando in campagna. Credo che sia un po' esagerato, per cui credo che questo emendamento che dà la possibilità al cittadino, laddove si può difendere da solo, senza la presenza dell'avvocato, che si possa far assistere da una persona di fiducia".
Al riguardo sarebbe crudele far presente all'on. Di Pietro che più che le pecore (gli avvocati? i cittadini? chi sono?), il suo intervento mischia "capre e cavoli", argomenti che pare conoscere molto meglio del diritto, visto che nello specifico è intervenuto dicendo cose che, mi sono apparse, esattamente contrarie rispetto alla lettera della norma che avevo sotto gli occhi e stavo leggendo (e che dice che, salvo i casi previsti dalla legge, il principio generale, che è appunto già scritto nelle nostre norme, è quello della rappresentanza obbligatoria del difensore tecnico. E i casi previsti dalla legge, dicono appunto che, ad esempio, nei giudizi davanti al giudice di pace il cittadino possa difendersi da sé ricorrendo i presupposti fissati, così come ciò è previsto nei giudizi tributari, perché il codice di rito tributario prevede non, per la verità, l'assistenza diretta, ma l'assistenza di un numero di categorie molto ampio, che, anzi, forse sarebbe utile restringere nell'interesse dei cittadini).
Tema incompatibilità con la professione forense:
"...sto parlando affinché resti nero su bianco in che cosa consiste l'emendamento in oggetto. Lo rileggo: «I membri del Parlamento non possono esercitare l'attività di avvocato per la durata del loro mandato». Vi invito a riflettere su cosa è successo in questi anni. Vi invito a riflettere sul fatto se sia possibile che in quest'Aula si fa il parlamentare, mentre fuori da quest'Aula si fa l'avvocato, e che in quest'Aula si fanno le leggi che servono all'avvocato stesso per difendere gli imputati di quest'Aula, fuori da quest'Aula! Questo è un tema politico grande come una casa che va affrontato e denunciato, in quest'Aula e fuori da quest'Aula! Assumetevi la responsabilità di quello che fate perché siamo stufi di vedere avvocati che si fanno qui le leggi che gli servono, per poi giustificarle e andarle ad usare, dopo, nei processi che servono ai loro clienti che stanno pure qui dentro".

Devo essermi persa qualcosa: l'on. Di Pietro non fa (ha fatto) l'avvocato dopo le dimissioni dalla magistratura?

Devo anche essermi persa che la moralità e degnità (prima ancora che dignità) dell'avvocato (così come del parlamentare, immagino), debba contenere in re ipsa la capacità di non cercare e non praticare commistioni, altrimenti ciò che l'opinione pubblica condanna, ovvero il principio che il Parlamento sia composto di gente che non pratica nessuna attività, verrebbe vanificato in tutte le maniere, perché, in ogni caso, chiunque potrebbe trovarsi in conflitto di interessi. Il disoccupato lo sarebbe nei riguardi di una norma sulle misure a sostegno della disoccupazione, un pubblico dipendente in aspettativa sulle misure in materia di pubblico impiego, i medici, gli architetti, i farmacisti, ecc...
E perchè, i parlamentari non sono incompatibili sulle riforme istituzionali? Il sistema è in grado di riformare se stesso?
Quindi, quando si discute di riforme istituzionali (numero parlamentari, riforma elettorale, indennità, vitalizi, rimborsi, ecc...), tutti fuori? E chi le fa le riforme? Le pecore di Di Pietro?

La finzione continui allora, purchè si taccia e si tiri fuori solo la moralità e la degnità. Valori che in epoca di assenza di valori fanno la differenza in chi ha il coraggio di parlare con chiarezza. Qualunque attività svolga.

Un deputato ha infatti osservato, con coraggio, che con le proprie affermazioni, Di Pietro mette anche in discussione la grande tradizione del Parlamento, che "ha avuto in quest'Aula insigni giuristi, che hanno fatto la storia del diritto del nostro Paese, come Piero Calamandrei". Ca va sans dire.....

Allo stesso modo c'è chi ha sbattuto in faccia a Di Pietro, senza troppa grazia ma con grande efficacia, la realtà nuda e cruda: "quando si affrontano questi argomenti sarebbe bene che lo si facesse alzando il velo di ipocrisia. Se noi dovessimo pensare a tutti i (tra virgolette) conflitti di interesse che si manifestano ogni volta che in quest'Aula affrontiamo qualche argomento probabilmente quest'Aula dovrebbe essere fatta da categorie non umane. Il paradosso di cui discutiamo è che mentre noi affrontiamo questo argomento qua, in contemporanea al Senato si sta «distruggendo» una norma che era stata introdotta qui alla Camera che avrebbe regolamentato la messa in fuori ruolo dei magistrati. Sapete per responsabilità di chi sta accadendo questo, signor Presidente? Per una lobby, oppure diciamo per un gruppo (per essere più nobili) di magistrati appartenenti a tutti i gruppi che hanno presentato un emendamento che, mettendo insieme quello del PdL e quello del PD, distrugge un istituto, la regolamentazione del fuori ruolo. Allora basta ipocrisie, lo dico anche all'onorevole Di Pietro. Dovremmo venire qui e servire il Paese e purtroppo siamo umani e fallibili e troppo spesso non serviamo proprio il Paese".

Be', non sarà un granché, ma è stato un film abbastanza simpatico. Comunque educativo. E il nostro articolo 23 addavenì..

E' proprio il caso di dire che un bel silenzio non fu mai scritto. E che tra pecore, campagna, trattori e "c'azzecca" vari, la riforma forense continua ad invecchiare nella spola della navetta, che sta un po' di qua e un po' di là...ma non si ferma mai.

Almeno non si potrà, fra altri 70 anni, dire che non è al passo coi tempi................


domenica 7 ottobre 2012

La riforma forense .. e "l'anno che verrà" per l'Avvocatura pubblica

Il grande Lucio Dalla, in una indimenticabile canzone, diceva:
"Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò. Da quando sei partito c'è una grossa novità, l'anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va. (...) si sta senza parlare per intere settimane, e a quelli che hanno niente da dire del tempo ne rimane".

La delusione che i nostri "colleghi" ci hanno procurato è tanta e tale, che "per distrami un po'" scrivo.
Questo testo musicale si attaglia perfettamente alla situazione degli avvocati pubblici, perché qui ancora qualcosa non va. Proprio no, non va.
In vista dell'occasione offerta a "tutte le componenti dell'avvocatura" (per usare le parole dell'ex ministro Alfano), di stendere un testo condiviso della riforma forense, alcuni anni fa (oramai..sich!) abbiamo dato la nostra completa collaborazione a coloro che dovrebbero rappresentarci, ordini, consiglio nazionale, ecc., (e che non avevano idea delle nostre difficoltà), scrivendo articolati, emendamenti, relazioni relative alle nostre peculiarità, peculiaritá significative, rimaste lettera morta fra coloro che si dicono colleghi a parole, ma nei fatti non hanno ancora capito nulla. Fortunatamente sono state ben colte dalla giurisprudenza, non inventate da noi: la Cassazione Sezioni Unite, il Consiglio di Stato, il CGA, il Presidente della Repubblica nei ricorsi straordinari, e persino il CNF non può non dire che "l'autonomia e l'indipendenza degli avvocati dipendenti è elemento inscindibile dalla professione forense"..., se non disallineandosi alla Cassazione.
Malgrado ciò, gli unici a non avere una propria fisionomia siamo proprio noi, gli avvocati degli enti pubblici diversi dallo Stato.
Anomia totale. Black out normativo. Corto circuito, che negli avvocati ha stufato.
Ma non é finita qui.
Vista l'indifferenza delle componenti di cui facciamo parte, e che pure paghiamo, abbiamo cercato - parlando, spiegando, facendo convegni- di arrivare da soli con le nostre forze, laddove i nostri "rappresentanti" non ci hanno mai né rappresentato, né portato: dai politici coinvolti in questo provvedimento, del Senato e della Camera.
Il nostro é stato un moto spontaneo, di orgoglio, di dignità. Ci siamo approcciati alla politica con fermezza educata, con serietá e correttezza, ma con le sole nostre forze, umili, poco incisive, ma, se ci si pensasse solo un attimo, rilevantissime.
Noi, avvocati pubblici, formiamo una associazione nata nel 1973, l'UNAEP, priva di disponibilità economiche di cui invece dispongono CNF, OUA, sindacati, ecc., ma ricca, anzi ricchissima, di principi, di moralità e di senso del dovere.
In nome di questo dovere "morale", noi, vertici dell'Associazione, siamo sempre andati a nostre spese, in giornate di ferie, ad incontri con politici e ai convegni per promuovere le nostre idee.
Evidentemente nulla di ciò é apprezzato in questa società, che si sta scoprendo ogni giorno più malsana.
E allora, come continuava Lucio Dalla nella sua canzone, "senza grandi disturbi qualcuno sparirà, saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età". Profetico. Basta vedere ciò che sta accadendo.......
Perché "cretini" o "troppo furbi" sono coloro che ritengono -senza aver capito nulla- che gli avvocati di Comuni, Province, Regioni, enti pubblici, sottraggano i clienti agli avvocati del libero foro, sono coloro, appunto, che dovrebbero tutelare anche le nostre istanze, e che formano schiere di deputati e senatori.....Guarda caso tutti del "libero foro"...
E allora è giusto che "senza grandi disturbi spariscano".
Quanti avvocati pubblici dipendenti siedono in parlamento? Zero. Per questo noi, i più deboli della professione foresne, non siamo "interessanti".
Vinciamo le cause per la P.A., costiamo pochissimo, facciamo risparmiare tantissimo..Che questo sia un quid minus anziché pluris? "Costi poco ergo non esisti", forse è questo il tema.
Quindi, "vedi caro amico cosa ti scrivo e ti dico e come sono contento di essere qui in questo momento, (...), vedi caro amico cosa si deve inventare per poterci ridere sopra, per continuare a sperare"....
Ci siamo inventati anche il Blog, ma ora, dopo aver visto (e letto) ciò che i nostri colleghi e i politici interpellati hanno fatto (poco e nulla) e stanno facendo (pro domo loro), non abbiamo più voglia di "riderci sopra", e per "continuare a sperare" decidiamo che l'unico sistema é passare all'azione, prendendo in mano da protagonisti il nostro destino professionale, perché "se quest'anno poi passasse in un istante, vedi amico mio come diventa importante che in questo istante ci sia anch'io".
Diventa importante che ci siamo noi.
É ora che le nostre regole andiamo a scrivercele. Perché non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire o, peggio ancora, di chi "sente" solo coloro che sono forti. Nessuno lo farà per noi. Neppure chi, bisogna dare atto, ci ha provato. Una persona, che però ora ha "abbandonato".
Ebbene, è vero, noi siamo deboli, ma solo di forza economica o lobbistica.
Ma attenzione, perchè siamo forti, fortissimi, di orgoglio e di perseveranza.

Il tema che nessuno vuole comprendere, é che gli avvocati dipendenti non sottraggono il "cliente P.A." ai colleghi del libero foro.
Il tema é che la gente non ha più soldi, che la P.A. non può continuare a spremere le tasche dei cittadini e dare incarichi all'esterno gettando milioni di euro.
Il tema è che ogni idea che viene da chi le ha le idee, non può essere obliterata solo perchè non proviene da potentati.
Il tema è che l'avvocato in house costa enormemente meno alla collettivitá (rectius: erario), rispetto al professionista esterno.

Forse tutto ciò non interessa ai colleghi, forse neppure ai politici -cui dovrebbe al contrario molto interessare "per continuare a vivere e sperare" e non solo parlare, ma certamente interesserebbe alla cittadinanza, sapere dove vanno a finire i soldi che faticosamente  essi sottraggono alla loro vita quotidiana solo per mantenere carrozzoni inutili e costosi (..l'ultima è l'idea di un nuovo "supercommissario" per l'anti corruzione.... Bravo Catricalà "e io pago").
L'avvocato pubblico é attualmente iscritto all'albo ed é subordinato al potere disciplinare dell'Ordine, paga il contributo annuale, vota ai rinnovi dei Consigli (e come viene inseguito il suo voto!): é quindi un avvocato esattamente come gli altri, del quale deve essere difesa l'autonomia e la dignità quali valori fondanti la professione forense ovunque essa sia svolta.
La Commissione bilancio della Camera dei deputati, invece, in sede di esame necessario alla compatibilità finanziaria del d.d.l., ha sollevato il tema dell'autonomia ed indipendenza degli avvocati pubblici. Basta leggere il resoconto scaricato dalle relazioni delle sedute, sotto copiato.
É un fatto estremamente grave.
Ed é grave che una siffatta "osservazione" provenga da colleghi, peggio ancora dai colleghi politici pro tempore, i quali a parole sanno rassicurare, mentre, nei fatti, solo parlare.


Ecco la verbalizzazione della seduta della Commissione Bilancio della scorsa settimana (martedì 2 ottobre), sull'articolo del d.d.l. della riforma forense:

"ARTICOLO 23
Avvocati degli enti pubblici
Normativa vigente: ai sensi dell’art. 3, comma quarto, lett. b), del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 (c.d. legge professionale), sono iscritti, nell'elenco speciale annesso all'albo, gli avvocati degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso enti pubblici, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera.
Le norme disciplinano lo status degli avvocati in servizio presso enti pubblici. Nello specifico, viene previsto che - fatti salvi i diritti acquisiti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame - gli avvocati degli uffici legali specificamente istituiti presso gli enti pubblici, vengano iscritti in un elenco speciale annesso all’albo. Viene, inoltre, previsto, che nel relativo contratto di lavoro venga garantita l’autonomia e l’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica degli avvocati in riferimento (comma 1).
La norma dispone, inoltre, che la responsabilità degli uffici legali degli enti pubblici venga affidata ad avvocati iscritti nel summenzionato elenco speciale (comma 2).

Al riguardo al fine di escludere effetti finanziari negativi, appare opportuno acquisire un chiarimento del Governo in merito alla portata applicativa della norma. In particolare andrebbe chiarito se il riconoscimento nel contratto relativo alle figure professionali in riferimento di un ambito di autonomia ed indipendenza di giudizio intellettuale (comma 1, ultimo periodo) comporti, altresì, per le medesime figure professionali, la configurazione di una specifica area di contrattazione separata nel pubblico impiego, con conseguenti riflessi in termini di trattamento economico.
Si evidenzia altresì, che siffatta interpretazione della disposizione, potrebbe ingenerare effetti emulativi, con ulteriori conseguenze finanziarie, anche in altre categorie di personale pubblico, altrettanto specificamente caratterizzate in termini professionali.
Analoghi chiarimenti andrebbero forniti con riferimento alla norma di cui al comma 2, che sembrerebbe disporre l'affidamento della responsabilità degli uffici legali degli enti pubblici - in via esclusiva - ad avvocati iscritti nell'elenco speciale. Sul punto appare opportuno acquisire una valutazione circa gli effetti funzionali ed organizzativi derivanti dalla citata disposizione nell'ambito degli enti pubblici interessati".

Andrebbe chiarito cosa? 
Il riconoscimento dell'autonomia ed indipendenza di giudizio intellettuale dell'avvocato è sancito dalla legge, dalla giurisprudenza, ed è recepito nella contrattazione collettiva!
Non va chiarito. E' un fatto.

INDOCTI DISCANT!

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Questa invece la Relazione dell'On. Avv. Roberto Cassinelli (giugno 2012), per quanto ci concerne (a quel tempo art. 22, mentre oggi pare sia diventato il 23):

"Di particolare rilievo sono le disposizioni relative agli avvocati degli enti pubblici, di cui all'articolo 22. Analogamente a quanto attualmente previsto, la disposizione suddetta prevede l'iscrizione obbligatoria ad un elenco speciale degli avvocati degli uffici legali specificatamente istituiti presso gli enti pubblici, anche se trasformati in società per azioni, sino a quando siano partecipati esclusivamente da enti pubblici, che si occupano, con autonomia e indipendenza da ogni altro ufficio, esclusivamente della trattazione degli affari legali dell'ente. La norma prevede poi che la responsabilità degli uffici legali degli enti pubblici sia affidata ad un avvocato iscritto nell'elenco speciale. Ai fini dell'iscrizione nell'elenco gli interessati presentano la deliberazione dell'ente dalla quale risulti la stabile costituzione di un ufficio legale con specifica ed esclusiva attribuzione della trattazione e degli affari dell'ente stesso e l'appartenenza a tale ufficio del professionista incaricato in forma esclusiva di tali funzioni. Anche al fine di assicurare un trattamento economico adeguato, la norma introduce per gli avvocati una contrattazione separata del pubblico impiego".

E' sostanziale una contrattazione separata per gli avvocati. Ora siamo nel contratto dei dirigenti o delle posizioni contrattuali (tutte quelle diverse dalla dirigenza).
Attenzione: l'inquadramento nelle categorie "dirigente" o "funzionario" sono ritenute dalla Cassazione a Sezioni Unite incompatibili con la professione forense, poiché, l'attuale configurazione giuridica, è di "personale con ruolo gestionale o amministrativo".
La Cassazione, invece, ha sancito che agli avvocati pubblici sia espressamente interdetta ogni attività gestionale o amministrativa, poiché in contrasto con la professione forense.
Ma se l'inquadramento rimane "ruolo gestionale o amministrativo" e non "ruolo avvocati", come sarà possibile mai rifiutare i compiti gestionali o amministrativi che la P.A. assegna ai dipendenti anche se avvocati?

NESSUN COSTO AGGIUNTIVO COMPORTA IL RUOLO AVVOCATI: è un semplice mutamento di nomen, ognuno resta nella propria corrispondente "casella" stipendiale.
DI CHE PARLIAMO ALLORA?
Anzi, SAPETE COMPONENTI COMMISSIONE BILANCIO DI CHE PARLATE?

Rispondiamo noi: no, non sanno di cosa parlano.

E allora quali altre soluzioni?
Presto detto. Da tempo mediatiamo, studiamo...a noi piace sapere di cosa parliamo, quando parliamo. Non ci si può permettere di farsi trovare impreparati.
E' STATA REDATTA UNA PROPOSTA DI LEGGE DALLA NOSTRA ASSOCIAZIONE, CONSEGNATA AD UNA SENATRICE E CONDIVISA DA UN DEPUTATO.

Poiché l'avvocatura pubblica, in qualsiasi ente svolga la propria professione dopo aver superato un pubblico concorso, svolge la medesima attività (avvocatura dello Stato, del parastato, degli enti territoriali e di quelli pubblici diversi dallo Stato), deve poter contare su una disciplina uniforme. E' un principio di equità sociale, sostanziale. Non possono esistere avvocati pubblici di serie A, di serie B e di serie C...

L'avvocato è avvocato.  Punto.

Chiedevamo poca cosa, la contrattazione per un "ruolo separato". E' già prevista dalla legge (prima Frattini e poi Brunetta), ma non attuata. Ci è stata espunta dall'attuale art. 23 del d.d.l. di riforma da chi non ha avuto la "curiosità" di capire cosa significasse, né ci ha interpellato per fingere almeno di saperlo (eppure i nostri recapiti erano notissimi)...

Ebbene, il nostro obiettivo, allora, deve mutare.

Senza "contrattazione separata" o "ruolo separato", l'Avvocatura pubblica deve uscire dall'Albo, come l'Avvocatura dello Stato, perchè non esiste nessun altro lavoratore in Italia che debba essere subordinato ad un doppio potere disciplinare e di controllo: Ordine da un lato, P.A. dall'altro. Altro che autonomia ed indipendenza....

La pubblica avvocatura deve essere regolata da una specifica legge, come accade per l'Avvocatura dello Stato: non può essere consentito in uno Stato di diritto che un lavoratore venga trattato diversamente da un altro -a parità di professione svolta, di adempimenti (non esiste un Codice di Procedura per gli avvocati dipendenti che allunghi i termini delle scadenze perchè siamo dipendenti...noi si lavora il sabato, la domenica, i santi patroni, come qualsiasi altro collega del libero foro..)- a seconda dell'Ente per cui lavora o delle coordinate geografiche!
L'avvocato dello Stato, l'avvocato del Comune di Roma o l'avvocato del Comune più piccolo, svolgono lo stesso identico tipo di attività. Perchè gli uni hanno leggi specifiche e gli altri nulla?
Deve, inoltre, essere costituito il foro erariale obbligatorio al pari dell'Avvocatura dello Stato, economico e specializzato: i politici e i colleghi avvocati, intelligenti, plurilaureati non vogliono comprendere quanti milioni si risparmierebbe, ma se ne parlassimo con una casalinga o un pensionato che devono far quadrare i conti, colgono immediatamente il senso del risparmio.

In tempi di vacche magre, occorre farle davvero le riforme, non solo predicarle. 

Occorre avere coraggio, non fingere di averlo.