Sono finite le vacanze ... mentalmente ed operativamente. Sigh!
Abbandonate le spiagge, non resta che sostituire il costume con la toga.Non solo l'abito ci infastidisce, ma anche i "bentornati" che questo governo ci ha gentilemente offerto: il d.m. 20 luglio 2012, n. 140, entrato in vigore il 23 agosto, che determina i nuovi parametri dei compensi professionali, e il d.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, entrato in vigore il 15 agosto, che reca la riforma degli ordinamenti professionali.
Presa dai raptus "modaioli" ... sulla toga, dal "conflitto" fra ferormoni e Bruto ... confesso candidamente di aver serenamente e beatamente accantonato ogni serio problema professionale ed ogni impegno derivante dalla (vice) rappresentanza di un gran numero di colleghi...
Ora, però, che "l'estate sta finendo e un anno se ne va...è tempo che i gabbiani ritornino in città..", ritorniamo metaforicamente, come i gabbiani, in città, intendendo in tal modo il ritorno ai problemi quotidiani della nostra professione.
Tantissimi colleghi mi hanno telefonato o inviato mail durante il mese di agosto per cercare di capire come comportarsi dopo l'entrata in vigore dei decreti sopra menzionati, soprattutto alla luce delle peculiarità date dal doppio status che ci caratterizza: dipendenti pubblici da un lato, avvocati in senso pieno dall'altro, ma con un unico cliente, il nostro datore di lavoro.
Molte sono le considerazioni critiche già svolte (e rinvenibili nei post di questo Blog):
a) di natura "sociologico/psicologica" che vanno dall'accanimento manifestato nei confronti della professione forense, al fatto che si ritiene non liberalizzata (e quindi da liberalizzare) una professione ...non contingentata e, quindi più che liberalizzata (i numeri degli avvocati lo dimostrano, per lo più poveracci che non sbarcano il lunario), alla sbandierata abrogazione delle tariffe ... già abrogate, ecc., quasi a manifestare una soggezione o impotenza o gelosia verso una categoria, quella degli avvocati, che di gioie ne ha ben poche;
b) di natura "tecnico/giuridica" sfociante nel ...thriller: chi ha rapito la riforma forense? L'ultima volta che è stata vista era uscita con le proprie gambe dalla Commissione Giustizia della Camera e, si dice, fosse diretta in Aula con la "pretesa" di diventare legge. Eh sì, perchè attualmente la professione forense è disciplinata da una legge ordinaria e, per modificare una legge ordinaria lo si deve fare con un'altra legge ordinaria, non con un atto del capo dello Stato, al quale è riservata l'emanazione di "regolamenti" per la disciplina di materie non aventi rilievo costituzionale. Infatti, differentemente dalle altre professioni ordinamentali, la difesa tecnica, ovvero quella prestata dall'avvocato, è riconducibile all’art. 2 della Costituzione, poiché afferente ai diritti individuali della persona. Pertanto, è dubitabile che una professione prevista in Costituzione possa essere regolata con un atto presidenziale.
Mah! Non sembra neppure che il ministro faccia l'avvocato di professione. Ma farà poi l'avvocato? Avrà mai avuto il (dis)piacere di farsi una gavetta a "lacrime e sangue"..? Nutro fortissimi dubbi in proposito. Diversamente sentirebbe la necessità di una legge forense moderna, attuale, come nel resto d'Europa, che preveda, ad esempio, una disciplina per gli avvocati pubblici (come accade nel ddl scomparso dai radar..). Oppure si prenda in mano seriamente la materia e, nel nome della spending review, di cui tutti si riempiono la bocca perchè "fa bello", si prenda atto che l'Avvocatura pubblica deve essere unica erariale, accorpando Stato ed enti pubblici per tagliare, davvero, e una volta per tutte in maniera radicale, le costose consulenze esterne: a tutta la Pubblica amministrazione i propri avvocati, ai privati -persone fiche e giuridiche- i loro.
Queste in estrema sintesi alcune, ma solo alcune, perplessità. A me piace pensare, come Piero Calamandrei (solo come giurista....eh), il quale riteneva che senza "leggi giuste", il "coetus doctorum si riduceva ad una sorta di congregazione di evirati", ovvero di servili soggetti piegati ai voleri del potere.
Ciò detto, veniamo ai provvedimenti ritrovati sotto ... l'albero delle toghe:
D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137
Le principali novità -o spunti di riflessione- per gli Avvocati pubblici contenute nel decreto in esame (che manco per idea è al corrente che la Pubblica Amministrazione ha le proprie Avvocature...!!), mi pare siano così sintetizzabili:
1) ASSICURAZIONE (art. 5). E' previsto l’obbligo di stipulare un’assicurazione per la responsabilità professionale la cui mancanza costituirà violazione disciplinare.
Molteplici sono gli interrogativi che sorgono da una tale disposizione valevole per ogni professione. Faccio un esempio: se il cliente affida un progetto ad un ingegnere strutturalista e poi crolla la casa, ebbene lì c'è sicuramente un problema di "danni derivanti al cliente dall'esercizio dell'attività professionale". Ma se l'avvocato vince o perde una causa (dato che l'attività giurisdizionale non prevede il pareggio...), la cui decisione spetta ad un diverso soggetto, chi valuta se l'avvocato ha voluto perdere la causa? Se l'avvocato ha voluto che l'assistito andasse in carcere? Dove sta il danno arrecato se Tizio si rivolge all'avvocato per ottenere un qualcosa sin lì ottenuto, ma che nel frattempo la Cassazione o la Corte di Giustizia hanno mutato orientamento?
A maggior ragione comincio a vedere davvero sempre più incompatibile la permanenza degli avvocati erariali negli Elenchi annessi agli Albi (come peraltro iscritti non sono gli Avvocati dello Stato, proprio per le specificità che permea l'avvocato erariale rispetto agli altri). Che significa per i dipendenti questo "obbligo"? L'avvocato pubblico dipendente, in quanto tale, ha già copertura assicurativa, dal medesimo integrata per quanto attiene la colpa grave. Ritengo, dunque, che tale disposizione sia inoperante per la nostra categoria, nel senso di non dover rendere noti estremi al "cliente", poiché in quanto datore di lavoro conosce le polizze che egli stesso stipula (...che sia un altro favore alle compagnie assicuratrici...Andreotti docet...).
2) TIROCINIO (art. 6): la durata della pratica forense è ridotta a diciotto mesi. Segnalo ciò che però costituisce elemento di novità per noi:
a) l’avvocato che accolga un praticante presso il proprio studio deve essere iscritto all’Albo da almeno cinque anni (sino a oggi l’anzianità d’iscrizione poteva essere di soli due anni: cfr. art. 4 del d.p.r. n. 101/1990). Pertanto, il numero di praticanti in un'Avvocatura pubblica dovrà essere rapportato al numero di avvocati che abbiano questo requisito;
b) PRIVA DI CHIAREZZA è la precisazione di cui al comma 4: "possono essere stipulate convenzioni tra Consigli Nazion. degli Ordini e Ministero Funz. Pubb. per lo svolgimento del tirocinio presso le P.A.".
Primo. Gli Ordini forensi hanno inviato comunicazioni ove, al riguardo, hanno precisato: "dopo la laurea, per un periodo non superiore a un anno, la pratica potrà anche essere svolta presso l'Avvocatura di Stato o gli uffici legali delle pubbliche amministrazioni, anche in questo caso però solamente dopo la sottoscrizione di una convenzione nazionale fra il C.N.F. e il Ministero per la pubblica amministrazione". Da dove deriva tale interpretazione? Dove è scritto "per un periodo non superiore a un anno"? E dove si rinviene che la pratica forense -sino ad oggi espletata presso le Avvocature pubbliche- d'ora innanzi potrà essere svolta "solamente dopo la sottoscrizione di una convenzione ..."? La norma si esprime diversamente. Il Ministro evidentemente neppure è a conoscenza che le Pubbliche Avvocature offrono la possibilità di fare pratica (e che pratica!!) a migliaia di giovani laureati!
3) FORMAZIONE CONTINUA (art. 7): è confermata con norma di legge la disposizione, già oggetto di previsione regolamentare e deontologica, che qualifica come "illecito disciplinare", "la violazione dell’obbligo di formazione".
D.M. 20 luglio 2012, n. 140Si tratta del preannunciato provvedimento che, in sostituzione delle tariffe abolite già dal gennaio con il decreto sulle liberalizzazioni, ha introdotto i parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi in favore dei professionisti, fra cui gli avvocati.
Dei parametri per gli Avvocati si occupa il Capo II del decreto (artt. 2-14), che rinvia alle Tabelle A e B allegate al decreto medesimo.
Ciò che più balza evidente è la suddivisione in "scaglioni di riferimento" e, per ciascuno di essi, l'articolazione in "fasi" (di studio, introduttiva, istruttoria, decisoria). Viene, poi, precisato che il compenso è liquidato per fasi, che, immagino, dovranno costituire la nota da predisporre. Inoltre è specificato che nei compensi (quantificati per fasi) non sono comprese le spese da rimborsare, né sono compresi oneri e contributi dovuti a qualsiasi titolo (art. 1, comma 2, II capoverso).
E' questo un inciso che desidero sottolineare perchè mi pare possa essere utilissimo nella soluzione della vexata quaestio relativa alla richiesta, da parte nostra, ai soccombenti degli oneri riflessi ex art. 1, comma 208, L. 266/2005.
That's all, my friends!
Vogliamo parlare anche degli errori contenuti nel testo in relazione ai parametri decreti ingiuntivi ... o al metodo euclideo per calcolare i compensi per il precetto ? .... Schizofrenia legislativa !!!!
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