Storia, filosofia (e forse anche sociologia) insegnano che ogni periodo di grande crisi economica porta con sè mutamenti sociali, culturali, politici di enorme portata.La perdurante crisi finanziaria che ha ridefinito e travolto molti sistemi economici in questi anni (almeno dal 2008 ad oggi), come insegna la storia, produce (ndr: ha prodotto) conseguenze drammatiche sulla società, quali la lotta di classe ossessiva, l'invidia sociale, la slealtà, ecc., aggravando di fatto "malattie" di cui, probabilmente, molti già soffrivano in modo latente.Ergo: nella difficoltà ciascuno fa emergere la propria vera natura, bella o brutta che sia, emerge ciò che uno è.Il punto focale sta nella complessa azione e relazione (e interazione) fra società (sempre più disgregata fra chi sta bene, meno bene, male) e sfera politica (sempre più distante, impreparata, estemporaneo-agente e non lungimirante), su cui dovrebbe gravare il compito di compiere scelte appropriate per il benessere collettivo e costruire il futuro delle giovani generazioni, senza "buttare al macero" quelle meno giovani.Si assiste, invece, ad un agire estemporaneo, dettato più da ragioni utilitaristiche (di visibilità personale), che dal buongoverno politico. Infatti, ciò a cui tutti assistiamo (impotenti) è il contrario di ciò che la storia insegna essere necessario per uscire dalle crisi: la "massa critica". Non si supera la crisi con lo "spot alla pancia-di-chi-sta-peggio", con il "tweet-gonzales", con lo "#staisereno" (che-ti-frego-io).La crisi dovrebbe al contrario essere l'occasione da sfruttare per volgere in positivo "la sfortuna", per lanciare una sfida complessiva (globale?) che "ricontratti" le regole sociali ed economiche (e politiche pure), e non, al contrario, l'occasione per esaltare gli individualismi, la conflittualità fra classi, fra lavoratori, fra categorie, fra tutti-contro-tutti.Così non se ne esce.Non se ne esce se si pongono in essere provvedimenti penalizzanti per il settore che si dice di voler rilanciare (es. per rilanciare l'edilizia introduco nuove tasse sulla casa e inasprisco quelle esistenti: ossimoro o eterogenesi?); non se ne esce se varo provvedimenti di riforma che modificano le condizioni di chi lavora senza rispetto delle regole (es. per rilanciare i consumi taglio gli stipendi di chi prima poteva spendere qualcosina, così riduco la forbice tra chi guadagna di più e di meno: populismo o masochismo?); non se ne esce se "regolo" l'industria, il commercio, le attività produttive, aumentando l'IVA o le tasse (es. aumento le tasse sulle imbarcazioni ...per rilanciare il settore nautico: falsità o deficienza?).Di questi esempi si potrebbero riempire pagine, per giungere alla sola conclusione che l'unico risultato raggiunto è ...l'eterogenesi dei fini.Non certo il benessere della collettività. Al massimo il benessere di alcuni, pochissimi.Perchè la verità è un'altra. Ed è purtroppo sotto gli occhi di tutti.La verità è che così si alimenta solo l'invidia sociale: chi sta peggio odia chi sta meglio. A prescindere.Impatto sulla crisi: ZERO!Parolina ben nota ai nostri odierni governanti.Ma con lo ZERO non si risolve nulla.ZERO è ZERO, cioè niente, nulla, assenza di valore.Ecco. Appunto. Assenza di valore.E lì si torna. All'assenza di valori che tale modus operandi determina, alla disgregazione di equilibri interni ad una società.Il tutto aggravato dalla repentinità, dall'antagonismo più spinto.Possibile che non si comprenda che la "crisi" deve essere considerata una opportunità per fare "massa critica"? per fare "squadra" compattandosi?Cui prodest questa situazione di disorganizzazione diffusa e generalizzata, con tanti vinti e pochissimi vincitori? (ma ce ne sono?)Queste riflessioni non nascono a caso, ma da fatti concreti.Preliminarmente è bene precisare che esistono (ancora) persone che per senso d'altruismo, per generosità connaturata, per educazione o esperienze di vita, si spendono con passione per gli altri.E' l'essenza del "volontariato", ovvero di quelle attività di aiuto e di sostegno poste in essere da individui in modo gratuito, per altruismo, solidarietà, giustizia sociale, ecc. Ciò detto, fare il bene (anche) di altri, o cercare di curarne gli interessi (che possono coincidere con i propri, ma non necessariamente), senza averne ritorni "tangibili", denota maturità, senso del sacrificio, e caratterizza talune personalità per le doti "carismatiche" che le portano ad ottenere ciò che altri, nelle medesime condizioni, non otterrebbero. Il "controvalore" (se così si può definire) di ciò è costituito dalla soddisfazione di aver prodotto risultati.Quasi una sfida con se stessi.Tuttavia, la maturità de qua deve caratterizzare anche coloro che compongono l'aggregazione verso cui gli sforzi avvengono, poiché se ogni "ingranaggio" resta al suo posto, "il motore gira bene" (o gira meglio).Fuor di metafora, occorre maturità per non scivolare nell'invidia sociale, per non assecondare le sirene del "malpancismo", della "lotta di classe" a scoppio ritardato...; occorre maturità per gettare il cuore oltre l'ostacolo e comprendere che l'unità, la compattezza, la lealtà, sono valori e, alla fine, sono i valori che, in una società "senza valori" fanno la differenza!D'altra parte, sopravvive alle crisi chi ha "un forte rispetto per se stesso, chi ha dei valori, chi punta all'eccellenza e chi è protagonista del proprio futuro, chi possiede la dote dell'intensità: saper cioè guardare lontano, sacrificarsi ora perchè il domani sia redditizio. E' necessario farsi un'idea propria del mondo. Capire chi sono gli amici e chi i nemici: una dote che si chiama empatia" (Jacques Attali).
(dal Dossier - Schede di Lettura della Commissione Bilancio del Senato, Agosto 2014)
Si riporta (compresi gli errori):
(...)
Articolo 9
(Riforma degli onorari dell'Avvocatura generale dello Stato e delle avvocature degli enti pubblici)
Il comma 1, come riformulato nel corso dell'esame in prima lettura, prevede che i compensi professionali corrisposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, sono computati ai fini del raggiungimento del limite retributivo di cui all’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. È abrogato l'articolo 1, comma 457, della legge di stabilità 2014.
Il comma 2 prevede che nell’ipotesi, invece, che il giudice decida la compensazione integrale delle spese (comprese quelle di transazione a seguito di sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche), agli avvocati dipendenti, compresi gli avvocati dello Stato, non sono corrisposti compensi professionali da parte dell’Erario.
Il comma 3, riformulato nel corso dell'esame in prima lettura, ha stabilito che nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni di cui al comma 1, esclusi gli avvocati e i procuratori dello Stato, nella misura e con le modalità stabilite dalla contrattazione collettiva ai sensi del comma 5, in modo da consentire l’attribuzione a ciascun avvocato di una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo. La parte rimanente delle suddette somme è riversata nel bilancio dell’amministrazione.
Il comma 4, anch'esso riformulato nel corso dell'esame in prima lettura, prevede che nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, il cinquanta per cento delle somme recuperate è ripartito tra gli avvocati e procuratori dello Stato secondo le previsioni regolamentari dell’Avvocatura dello Stato, adottate ai sensi del comma 5. Un ulteriore venticinque per cento delle suddette somme è destinato a borse di studio per lo svolgimento della pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato, da attribuire previa procedura di valutazione comparativa. Il rimanente venticinque per cento è destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all’articolo 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni.
Il comma 5 stabilisce che i regolamenti dell’Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici e i contratti collettivi prevedono criteri di riparto delle somme di cui al primo periodo del comma 3 e al primo periodo del comma 4 in base al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l’altro della puntualità negli adempimenti processuali. I suddetti regolamenti e contratti collettivi definiscono altresì i criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi, da operare ove possibile attraverso sistemi informatici, secondo principi di parità di trattamento e di specializzazione professionale.
Il comma 6 afferma che in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, non sono corrisposti compensi professionali. Nei giudizi di cui all’articolo 152 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, possono essere corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali delle relative amministrazioni e nei limiti dello stanziamento previsto. Il suddetto stanziamento non può superare il corrispondente stanziamento relativo al 2013.
Il comma 7 stabilisce che i compensi professionali di cui al comma 3 e al primo periodo del comma 6 possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo.
Il comma 8 prevede che il primo periodo del comma 6 si applica alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. I commi 3, 4 e 5 e il secondo e il terzo periodo del comma 6 si applicano a decorrere dall’adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi di cui al comma 5, da operare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In assenza del suddetto adeguamento, a decorrere dal 1° gennaio 2015, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, non possono corrispondere compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato.
Il comma 9 prevede che dall’attuazione del presente articolo non devono derivare minori risparmi rispetto a quelli già previsti a legislazione vigente e considerati nei saldi tendenziali di finanza pubblica.
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La RT aggiornata riferisce che la disposizione prevede un intervento organico di razionalizzazione del sistema di erogazione dei compensi professionali, sia nei casi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti che in quelli di pronunciata compensazione integrale delle spese stesse. La nuova disciplina produce risparmi che saranno accertati a consuntivo.
Rispetto alla versione originaria dell'articolo 9 contenuta nel d.l., la nuova formulazione dello stesso prevede:
A) gli onorari professionali delle avvocature pubbliche rilevino ai fini del limite di 240.000 euro, di cui al d.l. n. 66 del 2014,
B) introduce criteri diversi di limitazione degli onorari per le spese recuperate e per le spese compensate;
C) introduce regimi differenziati per gli avvocati dello Stato e per quelli delle altre pubbliche amministrazioni, in considerazione della diversa natura del relativo rapporto di lavoro e, quindi, della diversità di fonti di disciplina dello stesso.
Come già osservato, la disciplina dell'art. 9 è suscettibile di generare risparmi che vanno valutati considerando la situazione precedente, all'emanazione del d.l.
In altri termini, gli effetti finanziari della disciplina in esame vanno valutati considerando non la disciplina originaria del d.l., ma la sua assenza, tenuto conto che i risparmi associabili alla originaria stesura dell'articolo 9 non sono stati quantificati né utilizzati a copertura di altre norme, essendone stato previsto, nella relazione tecnica, l'accertamento a consuntivo.
Ad ogni modo, le modifiche introdotte in sede di conversione non sembrano suscettibili di produrre "minori" risparmi, mentre possono generarne di "maggiori" (risparmi), soprattutto per via di due innovazioni.
In primo luogo, come accennato, i compensi professionali sono stati ricondotti nell'ambito del limite retributivo di cui all'articolo 23-ter del d.l. n. 201 del 2011, ai fini del quale fino a ora non venivano fatte rientrare. (Soprattutto per l'Avvocatura dello Stato, l'applicazione del limite in esame comporta un risparmio, in presenza di trattamenti economici superiori al suddetto limite. In secondo luogo, con riferimento specifico agli avvocati non appartenenti all'Avvocatura dello Stato, in sostituzione del limite percentuale ai compensi corrispondenti alle spese liquidate e a quelle compensate che possono essere attribuiti, è introdotto un limite complessivo per ciascun avvocato, che – in virtù del comma 7 – può al massimo raddoppiare il proprio trattamento economico).
Parte dei risparmi derivanti dalla nuova disciplina si produrrà a partire dall'adeguamento previsto dal comma 8.
Tra le disposizioni che entrano in vigore immediatamente, l'abrogazione dell'art. 1, co. 457, della legge n. 147 del 2013 può generare "minori" risparmi, che sono più che bilanciati dalla menzionata applicazione agli avvocati pubblici del limite di cui al d.l. n. 201 del 2011. Va ricordato, al riguardo, che quello operato dal citato co. 457 è un abbattimento del 25% dei compensi per spese compensate e del 25% sul 50% (cioè del 12,5%) di quelli per spese liquidate. L'applicazione del nuovo limite genera riduzioni di compensi, in particolare per gli avvocati dello Stato, superiori A quelli derivanti dal citato articolo 1, comma 457.
Il prospetto riepilogativo non evidenzia effetti d'impatto sui saldi di finanza pubblica.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, tenuto conto che dal tenore delle norme in esame sembrerebbe che le stesse siano senz'altro suscettibili di determinare effetti di risparmio, rispetto alla spesa sostenuta dalle PA in relazione ai compensi previsti dalla legge per l'assistenza legale in giudizio da parte degli Avvocati delle PA – ivi inclusi quelli dello Stato – per i quali, peraltro, a fini prudenziali, non vengono quantificati effetti finanziari dalla RT, non ci sono particolari osservazioni.
Ad ogni modo, in considerazione della riscrittura del dispositivo rispetto alla sua formulazione contenuta nel ddl iniziale, appare opportuno acquisire un chiarimento circa la portata applicativa delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4, le cui norme appaiono delineare modalità di ripartizione delle somme recuperate per spese legali a carico delle controparti, in caso di sentenza favorevole, con particolare riferimento all'assistenza in giudizio rispettivamente prestata da avvocati di enti e a quella prestata dai legali dell'Avvocatura dello Stato.
Inoltre, un chiarimento andrebbe richiesto in merito ai riflessi finanziari derivanti dalla abrogazione (comma 1) dell’articolo 1, comma 457, della legge n. 147/2013, laddove – dal 1° gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016 – era stata stabilita la riduzione al 75 per cento degli onorari liquidati in seguito a sentenze favorevoli alla pubblica amministrazione, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (compreso il personale dell'Avvocatura dello Stato) i cui risparmi, sarebbero dovuti già affluire annualmente in un apposito capitolo, al bilancio dello Stato, dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia.
Ad ogni buon conto, si segnala che alla analoga norma di cui all’art. 1, comma 457, della legge di stabilità 2014, abrogata dal comma 1, che ha previsto una meno incisiva riduzione dei predetti compensi, sono stati invece ascritti effetti di risparmio sui saldi finanza pubblica pari a 7,3 milioni di euro (sul saldo netto da finanziare) e a 9,5 milioni di euro (su fabbisogno ed indebitamento netto) per ciascun anno del triennio 2014-2016.
Circa poi la clausola di neutralità indicata al comma 9, va comunque sottolineato che la stessa dovrebbe essere accompagnata dalla illustrazione degli elementi e dei dati idonei a comprovarne l'effettiva sostenibilità, risolvendosi contrariamente in una mera affermazione di "principio" priva di dimostrata fondatezza.
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Trascrizione interventi sulla questione di fiducia - ore 11,30
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1582