giovedì 11 giugno 2015

Riforma P.A.: UNAEP su A.C. 3098

In sede di audizione presso la Camera dei Deputati, il 3 giugno scorso, l'Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici ha offerto una visione d'insieme della P.A. che travalica e attraversa i "tre comparti" ipotizzati nel disegno di legge sulla riorganizzazione della pubblica amministrazione, approvato dal Senato in prima lettura (con l'A.S. 1577) e ora all'esame della Camera (A.C. 3098).  

La seduta, come di consueto, è stata registrata in diretta streaming con la WebTV della Camera.

Il link è il seguente:


In sede di audizione, UNAEP ha depositato nei termini una propria relazione illustrativa alla proposta di emendamento da inserire nell'art. 9 dedicato alla dirigenza, sulla base degli unici due esempi di "ruolo separato avvocati" esistenti: parastato (avvocature INAIL e INPS-exINPDAP) e sanità.
Quest'ultima in verità incisa dal ddl in questione con la perdita del ruolo separato avvocati.
UNAEP è partita dalla considerazione che anche l'on. Relatore del presente testo normativo, On. CARBONE, ha evidenziato come “La nostra amministrazione è ricca di professionalità che non meritano di essere travolte dalla rappresentazione decadente che si da della pubblica amministrazione, perché le persone devono essere il motore del cambiamento. Per questo occorre valorizzare al meglio le competenze che abbiamo secondo un principio: le persone giuste, al posto giusto per un tempo giusto. Lavorare nel pubblico deve tornare ad essere un prestigio e una ambizione per i giovani”.

Se ciò è vero, la professionalità degli avvocati dipendenti iscritti all'albo degli avvocati-elenco speciale, non è stata però presa in esame.

Prendendo dunque spunto dalla importante considerazione dell'On. Relatore, e collegandoci a quanto abbiamo esposto per la prima volta nelle Commissioni un anno fa in occasione del DL 90/2014 - in cui ci era stato consentito di far conoscere l''avvocato degli enti pubblici' e le immense differenze fra noi ed altre avvocature più titolate (si è rammentato come fosse emersa evidente l'assenza di uniformità di trattamento giuridico ed economico fra avvocati pubblici in generale e, in specie, anche all'interno del medesimo comparto contrattuale), mentre la disciplina dei compensi professionali veniva applicata in modo identico a situazioni giuridiche (ed economiche) che però erano totalmente differenti.

Abbiamo voluto evidenziare che la regola dovrebbe essere quella di preoccuparsi di regolare le “parti economiche” di una categoria solo dopo aver disciplinato lo "stato giuridico" dei lavoratori che vi appartiene; nel caso che ci riguarda, è stato sempre il contrario: le sole norme dettate per gli avvocati pubblici (code contrattuali del 2000, artt. 27 e 37; finanziaria 2006, art. 1, finanziaria 2014, art. 1, comma 457 oggi abrogato; comma 208; art. 9, DL 90/2014), sono intervenute sempre ed esclusivamente per incidere sulla parte di retribuzione formata dai compensi professionali resi a fronte di una prestazione (professionale appunto) richiesta, ed espletata vittoriosamente.

Permane, quindi, una totale assenza di regole in materia ordinamentale.

La norma de qua accomuna lo stato giuridico della “professione” (forense) alla dirigenza amministrativa, professionale (genericamente intesa) e tecnica. Prevede modalità d'accesso uniche per queste categorie, incompatibili con la specificità dell'accesso alla pubblica avvocatura, atteso che la professione forense comporta attitudini e capacità diverse da quelle del restante personale amministrativo, tecnico e gestionale.
Anche sulla formazione permanente l'avvocato della P.A. ha obblighi legislativamente fissati dall'art. 11, L. 247/2012, che sono del tutto diversi da quelli della totalità degli altri dipendenti pubblici, verificabili, valutabili e sanzionabili dai Consigli dell'Ordine d'appartenenza, non certo da un organo nazionale amministrativo.

Quanto ai criteri fissati nel comma 1, lettere e), f), g), h), si osserva che non sono applicabili agli avvocati degli enti pubblici, atteso che gli “incarichi” sono quelli connessi allo ius postulandi, il dipendente avvocato deve avere per legge (forense) una assegnazione all'avvocatura/ufficio legale “stabile e continuativa”, e non caratterizzata da “precarietà”, come suffragato dalla giurisprudenza costante e dal C.N.F. ai fini dell'iscrizione all'elenco speciale ed alla sua permanenza in esso. Inoltre, manca totalmente il carattere della “rotabilità” degli incarichi, poiché non esiste fungibilità di prestazione professionale fra l'avvocato e qualunque altro dipendente.

Il successivo punto i) esula dalla prestazione professionale svolta dall'avvocato in house, poiché l'attività forense non costituisce “obbligazione di risultato” e, come tale, non valutabile ai fini del conferimento di successivi incarichi difensivi.

Il punto l) contempla un tipo di responsabilità (prettamente legata all'attività “gestionale”) che, per l'avvocato della P.A. è, da un lato, vietata quale corollario del divieto di svolgere attività amministrativa e/o gestionale (pena il conflitto d'interessi fra difeso e difensore), sancito dalla L. 247/2012 e dalla giurisprudenza; dall'altro lato la legge forense prevede l'obbligo di assicurazione professionale per tutti gli avvocati, siano essi dipendenti pubblici o libero professionisti.

Ciò detto, si rammenta che l'assenza di regole comuni determina troppo spesso l'intervento curiale (Giudici del lavoro, dei TAR e della Corte dei Conti), per affermare i primari principi a valere per i lavoratori professionisti avvocato; inoltre, siffatta anomia in molti casi sfocia in comportamenti arbitrari e/o non conformi alle norme sulla trasparenza degli incarichi, dei concorsi, con una creatività normativa secondaria infinita, determinata proprio dalla mancanza di una norma di parametro, eccezion fatta per la nuova legge professionale (art. 23, L. 247/2012).

La riforma della pubblica amministrazione è quindi un importantissimo passo per modernizzare il nostro Paese e allineare posizioni disallineate fra professionisti che svolgono la medesima professione. In Italia vi è un solo modo di “fare” l'avvocato, dentro o fuori una pubblica amministrazione.

In periodi di grande crisi riteniamo che sia importantissimo farle davvero le riforme, non solo annunciarle. Riteniamo che occorra avere coraggio di ascoltare anche voci non forti e provvedere secondo le migliori pratiche a tutto (ed esclusivo) vantaggio della nostra pubblica amministrazione.
Come tutti i cambiamenti, anche l'odierna riforma viene vissuta da alcuni con timore. Noi andiamo contro corrente e pensiamo invece che i cambiamenti debbano essere vissuti come opportunità e come arricchimento.

Anche in questa Riforma l'opportunità e l'arricchimento sono evidenti: vi è la possibilità di dotare di regole uniformi una categoria di professionisti ad oggi inquadrata in ruoli amministrativi (avvocati funzionari-Contratto di Comparto) e in ruoli gestionali (avvocati dirigenti-Contratto dirigenza), incompatibili con la legge professionale vigente (ma anche con quella precedente del 1933).

Si rammenta che sin dal T.U. del pubblico impiego del 2001, poi con la c.d. “legge Frattini”, L. n. 145/2002, era stato previsto un “ruolo separato” per i professionisti iscritti in elenchi o albi speciali.

Tuttavia, solo nelle avvocature del parastato e, in certi casi, anche per la Sanità, è stata osservata la legge dello Stato Italiano, inserendo nel contratto della dirigenza, il “ruolo separato” per i professionisti. Lo stesso “ruolo separato” che si propone con il presente emendamento.

Nell'odierna riforma, così come sottoposta alla Camera, gli “avvocati della pubblica amministrazione” non vengono presi in esame, accorpando i ruoli per Comparto e basta. Anzi, anche laddove era presente il “ruolo separato”, come appunto nella Sanità o nel parastato, pare essere eliminato, includendo “nel suddetto ruolo unico della dirigenza amministrativa, professionale e tecnica..”, con un evidente errore di valutazione o conoscenza, come avvenne nella prima versione dell'art. 9 DL 90/14 lo scorso anno, in contrasto con la legge (norme citate) e la giurisprudenza.

Si vuole ricordare che l'avvocato dell'ente pubblico (rectius: l'avvocatura in house), produce enormi risparmi di pubblico denaro, determinati dall'espletamento di una professione che, se reperita all'esterno, comporterebbe spese ingentissime a carico dei bilanci pubblici (certificato dalla Corte dei Conti). In altre parole, il costo per la finanza pubblica del dipendente-avvocato in house può dirsi, di fatto, autofinanziato.

In assenza di un "ruolo separato", soprattutto alla luce dell'attuale L. 247/2012, art. 23, l'Avvocatura pubblica potrebbe correre il rischio di dover uscire dall'Albo, perché l'inquadramento nelle odierne categorie "dirigente" o "funzionario" dell'avvocato sono ritenute dal giudice della nomofilachia (cfr. Sezioni Unite n. 5896/2005, costante), incompatibili con la professione forense, atteso il divieto assoluto di svolgere funzioni amministrative e/o gestionali, sancendo che agli avvocati pubblici sia espressamente interdetta ogni attività gestionale o amministrativa, poiché in contrasto con la professione forense.

Malgrado ciò l'attuale configurazione giuridica (anche) degli avvocati della P.A. iscritti all'albo, elenco speciale è qualificata “personale con ruolo gestionale o amministrativo", a seconda che si tratti di funzionari avvocato (CCNL comparto) o dirigenti avvocato (CCNL dirigenza).

Siamo poi del tutto consapevoli che esiste la clausola di cui all'art. 17, comma 2, L. 196/2009, in base alla quale, nel caso in cui l'attuazione di decreti legislativi determini nuovi o maggiori oneri al bilancio della P.A., che non trovino compensazione al proprio interno, essi sono "congelati", cioè non possono essere emanati se non successivamente (o contestualmente) all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che prevedano lo stanziamento delle risorse finanziarie occorrenti.
In altre parole, la proposta UNAEP - per la fase di prima applicazione - mira ad ottenere il "ruolo separato avvocati" sul solo piano ORDINAMENTALE, di modo che non essendovi oneri finanziari nuovi o maggiori, i decreti legislativi possano essere emanati: gli avvocati pubblici devono essere tutti uguali quanto ad autonomia, indipendenza, trattamento giuridico, differenziandosi solo per fasce retributive, le quali dovranno essere poi regolate in sede contrattuale non appena lo sblocco dei contratti verrà disposto.

Per questo abbiamo ritenuto che una riforma così ambiziosa, che si propone di regolamentare con rigore il personale della P.A., incidendo radicalmente su una dirigenza di ruolo e selezionata per concorsi veri, seria, impermeabile e capace, non possa obliterare che identica scelta deve riguardare i professionisti che la P.A. difendono e la loro rigorosa selezione, affinché la P.A. abbia la certezza di aver reperito le migliori competenze a ricoperto “i posti giusti al momento giusto” per servire da “stimolo ed ambizione per i giovani. E nella fase di applicazione del "ruolo separato avvocati" dovrà valutare chi davvero esercita la professione forense ai fini dell'inserimento nel ruolo, in cui una volta entrati per concorso, la carriera deve avvenire per esperienza e professionalità, come avviene nella professione forense ovunque sia esercitata.

L'attuale assenza di norme non può garantire questa selezione dei migliori, atteso che con troppa regolarità si assiste all'assegnazione alle Avvocature – in specie degli enti locali - di personale assunto con procedure di selezione per servizi totalmente differenti (ad es. anagrafe, polizia municipale, contratti, ragioneria, ecc.).

Così come è in procinto di essere istituito il sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, aventi requisiti omogenei di accesso e procedure analoghe di reclutamento e fondati sui principi del merito, dell'aggiornamento, della formazione continua, UNAEP ha espresso l'opinione che è necessario prevedere un simile sistema per gli oltre 6000 avvocati della P.A. italiana, ad oggi privi di qualsivoglia regolamentazione.

Perchè come dice il Relatore On. Carbone, "La nostra amministrazione è ricca di professionalità che non meritano di essere travolte dalla rappresentazione decadente che si da della pubblica amministrazione, perché le persone devono essere il motore del cambiamento".

L'AVVOCATURA PUBBLICA HA GIA' SCALDATO IL PROPRIO MOTORE.
E' PRONTA PER IL CAMBIAMENTO.



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