In sede di audizione presso la Camera dei Deputati, il 3 giugno scorso, l'Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici ha offerto una visione d'insieme della P.A. che travalica e attraversa i "tre comparti" ipotizzati nel disegno di legge sulla riorganizzazione della pubblica amministrazione, approvato dal Senato in prima lettura (con l'A.S. 1577) e ora all'esame della Camera (A.C. 3098).
La seduta, come di consueto, è stata registrata in diretta streaming con la WebTV della Camera.
Il link è il seguente:
In sede di audizione, UNAEP ha depositato nei termini una propria relazione illustrativa alla proposta di emendamento da inserire nell'art. 9 dedicato alla dirigenza, sulla base degli unici due esempi di "ruolo separato avvocati" esistenti: parastato (avvocature INAIL e INPS-exINPDAP) e sanità.
Quest'ultima in verità incisa dal ddl in questione con la perdita del ruolo separato avvocati.
UNAEP è partita dalla considerazione che anche l'on.
Relatore del presente testo normativo, On. CARBONE, ha evidenziato
come “La
nostra amministrazione è ricca di professionalità che non meritano
di essere travolte dalla rappresentazione decadente che si da della
pubblica amministrazione, perché le persone devono essere il motore
del cambiamento. Per questo occorre valorizzare al meglio le
competenze che abbiamo secondo un principio: le persone giuste, al
posto giusto per un tempo giusto. Lavorare nel pubblico deve tornare
ad essere un prestigio e una ambizione per i giovani”.
Se ciò è vero, la
professionalità degli avvocati dipendenti iscritti all'albo degli
avvocati-elenco speciale, non è stata però presa in esame.
Prendendo dunque spunto dalla importante considerazione dell'On. Relatore, e
collegandoci a quanto abbiamo esposto per la prima volta nelle Commissioni un anno fa in occasione del DL 90/2014 - in cui ci era
stato consentito di far conoscere l''avvocato degli enti pubblici' e
le immense differenze fra noi ed altre avvocature più titolate (si è rammentato come fosse emersa evidente l'assenza di uniformità di
trattamento giuridico ed economico fra avvocati pubblici in generale e, in specie, anche
all'interno del medesimo comparto contrattuale), mentre la
disciplina dei compensi professionali veniva applicata in modo
identico a situazioni giuridiche (ed economiche) che però erano totalmente
differenti.
Abbiamo voluto evidenziare che la regola dovrebbe essere quella di preoccuparsi di regolare le “parti economiche” di una
categoria solo dopo aver disciplinato lo "stato giuridico" dei lavoratori
che vi appartiene; nel caso che ci riguarda, è stato sempre il
contrario: le sole norme dettate per gli avvocati pubblici (code
contrattuali del 2000, artt. 27 e 37; finanziaria 2006, art. 1,
finanziaria 2014, art. 1, comma 457 oggi abrogato; comma 208; art. 9,
DL 90/2014), sono intervenute sempre ed esclusivamente per incidere
sulla parte di retribuzione formata dai compensi professionali resi a
fronte di una prestazione (professionale appunto) richiesta, ed
espletata vittoriosamente.
Permane, quindi, una totale assenza di regole in materia ordinamentale.
La
norma de
qua
accomuna lo stato giuridico della “professione” (forense) alla dirigenza
amministrativa, professionale (genericamente intesa) e tecnica.
Prevede modalità d'accesso uniche per queste categorie,
incompatibili con la specificità dell'accesso alla pubblica
avvocatura, atteso che la professione forense comporta attitudini e
capacità diverse da quelle del restante personale amministrativo,
tecnico e gestionale.
Anche
sulla formazione permanente l'avvocato della P.A. ha obblighi
legislativamente fissati dall'art. 11, L. 247/2012, che sono del tutto diversi da quelli
della totalità degli altri dipendenti pubblici, verificabili,
valutabili e sanzionabili dai Consigli dell'Ordine d'appartenenza, non certo da un organo nazionale amministrativo.
Quanto
ai criteri fissati nel comma 1, lettere e), f), g), h), si osserva
che non sono applicabili agli avvocati degli enti pubblici, atteso
che gli “incarichi” sono quelli connessi allo ius postulandi, il
dipendente avvocato deve avere per legge (forense) una assegnazione
all'avvocatura/ufficio legale “stabile e continuativa”, e non
caratterizzata da “precarietà”, come suffragato dalla
giurisprudenza costante e dal C.N.F. ai fini dell'iscrizione
all'elenco speciale ed alla sua permanenza in esso. Inoltre, manca
totalmente il carattere della “rotabilità” degli incarichi,
poiché non esiste fungibilità di prestazione professionale fra
l'avvocato e qualunque altro dipendente.
Il
successivo punto i) esula dalla prestazione professionale svolta
dall'avvocato in
house,
poiché l'attività forense non costituisce “obbligazione di
risultato” e, come tale, non valutabile ai fini del conferimento di
successivi incarichi difensivi.
Il
punto l) contempla un tipo di responsabilità (prettamente legata
all'attività “gestionale”) che, per l'avvocato della P.A. è, da
un lato, vietata quale corollario del divieto di svolgere attività
amministrativa e/o gestionale (pena il conflitto d'interessi fra difeso
e difensore), sancito dalla L. 247/2012 e dalla giurisprudenza;
dall'altro lato la legge forense prevede l'obbligo di assicurazione
professionale per tutti gli avvocati, siano essi dipendenti pubblici
o libero professionisti.
Ciò
detto, si rammenta che l'assenza di regole comuni determina troppo
spesso l'intervento curiale (Giudici del lavoro, dei TAR e della
Corte dei Conti), per affermare i primari principi a valere per i
lavoratori professionisti avvocato; inoltre, siffatta anomia in molti
casi sfocia in comportamenti arbitrari e/o non conformi alle norme
sulla trasparenza degli incarichi, dei concorsi, con una creatività
normativa secondaria infinita, determinata proprio dalla mancanza di
una norma di parametro, eccezion fatta per la nuova legge
professionale (art. 23, L. 247/2012).
La
riforma della pubblica amministrazione è quindi un importantissimo
passo per modernizzare il nostro Paese e allineare posizioni
disallineate fra professionisti che svolgono la medesima professione.
In Italia vi è un solo modo di “fare” l'avvocato, dentro o fuori
una pubblica amministrazione.
In
periodi di grande crisi riteniamo che sia importantissimo farle
davvero le riforme, non solo annunciarle. Riteniamo che occorra avere
coraggio di ascoltare anche voci non forti e provvedere secondo le
migliori pratiche a tutto (ed esclusivo) vantaggio della nostra
pubblica amministrazione.
Come
tutti i cambiamenti, anche l'odierna riforma viene vissuta da alcuni
con timore. Noi
andiamo contro corrente e pensiamo invece che i cambiamenti debbano
essere vissuti come opportunità e come arricchimento.
Anche
in questa Riforma l'opportunità e l'arricchimento sono evidenti: vi
è la possibilità di dotare di regole uniformi una categoria di
professionisti ad oggi inquadrata in ruoli amministrativi (avvocati
funzionari-Contratto di Comparto) e in ruoli gestionali (avvocati
dirigenti-Contratto dirigenza), incompatibili con la legge
professionale vigente (ma anche con quella precedente del 1933).
Si rammenta che sin dal T.U. del pubblico impiego del 2001, poi con
la c.d. “legge Frattini”, L. n. 145/2002, era stato previsto un
“ruolo separato” per i professionisti iscritti in elenchi o albi
speciali.
Tuttavia,
solo nelle avvocature del parastato e, in certi casi, anche per la
Sanità, è stata osservata la legge dello Stato Italiano, inserendo
nel contratto della dirigenza, il “ruolo separato” per i
professionisti. Lo stesso “ruolo separato” che si propone con il
presente emendamento.
Nell'odierna
riforma, così come sottoposta alla Camera, gli “avvocati
della pubblica amministrazione” non vengono presi in esame,
accorpando i ruoli per Comparto e basta. Anzi, anche laddove era presente il “ruolo
separato”, come appunto nella Sanità o nel parastato, pare essere
eliminato, includendo “nel
suddetto ruolo unico della dirigenza amministrativa, professionale
e tecnica..”,
con un evidente errore di valutazione o conoscenza, come avvenne nella prima versione dell'art. 9 DL 90/14 lo scorso anno, in contrasto con la legge (norme citate) e la
giurisprudenza.
Si
vuole ricordare che l'avvocato dell'ente pubblico (rectius:
l'avvocatura in
house),
produce enormi risparmi di pubblico denaro, determinati
dall'espletamento di una professione che, se reperita all'esterno,
comporterebbe spese ingentissime a carico dei bilanci pubblici
(certificato dalla Corte dei Conti). In altre parole, il costo per la
finanza pubblica del dipendente-avvocato in
house
può dirsi, di fatto, autofinanziato.
In
assenza di un "ruolo
separato", soprattutto alla luce dell'attuale L. 247/2012, art.
23, l'Avvocatura pubblica potrebbe correre il rischio di dover uscire dall'Albo, perché
l'inquadramento
nelle odierne categorie "dirigente" o "funzionario"
dell'avvocato sono ritenute dal giudice della nomofilachia (cfr. Sezioni Unite n.
5896/2005, costante), incompatibili con la professione forense,
atteso il divieto assoluto di svolgere funzioni amministrative e/o
gestionali, sancendo che agli avvocati pubblici sia espressamente
interdetta ogni attività gestionale o amministrativa, poiché in
contrasto con la professione forense.
Malgrado
ciò l'attuale configurazione giuridica (anche) degli avvocati della
P.A. iscritti all'albo, elenco speciale è qualificata “personale
con ruolo gestionale o amministrativo", a seconda che si tratti
di funzionari avvocato (CCNL comparto) o dirigenti avvocato (CCNL
dirigenza).
Siamo poi del tutto consapevoli che esiste la clausola di cui all'art. 17, comma 2, L. 196/2009, in base alla quale, nel caso in cui l'attuazione di decreti legislativi determini nuovi o maggiori oneri al bilancio della P.A., che non trovino compensazione al proprio interno, essi sono "congelati", cioè non possono essere emanati se non successivamente (o contestualmente) all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che prevedano lo stanziamento delle risorse finanziarie occorrenti.
In altre parole, la proposta UNAEP - per la fase di prima applicazione - mira ad ottenere il "ruolo separato avvocati" sul solo piano ORDINAMENTALE, di modo che non essendovi oneri finanziari nuovi o maggiori, i decreti legislativi possano essere emanati: gli avvocati pubblici devono essere tutti uguali quanto ad autonomia, indipendenza, trattamento giuridico, differenziandosi solo per fasce retributive, le quali dovranno essere poi regolate in sede contrattuale non appena lo sblocco dei contratti verrà disposto.
Per
questo abbiamo ritenuto che una riforma così ambiziosa, che si propone di regolamentare con rigore il personale della P.A., incidendo radicalmente su una
dirigenza di ruolo e selezionata per concorsi veri, seria, impermeabile e
capace, non possa obliterare che identica scelta deve riguardare i
professionisti che la P.A. difendono e la loro rigorosa selezione, affinché la P.A. abbia la certezza di aver reperito le migliori competenze a ricoperto “i
posti giusti al momento giusto” per servire da “stimolo
ed ambizione per i giovani”. E nella fase di applicazione del "ruolo separato avvocati" dovrà valutare chi davvero esercita la professione forense ai fini dell'inserimento nel ruolo, in cui una volta entrati per concorso, la carriera deve avvenire per esperienza e professionalità, come avviene nella professione forense ovunque sia esercitata.
L'attuale assenza di norme non può garantire questa selezione dei
migliori, atteso che con troppa regolarità si assiste
all'assegnazione alle Avvocature – in specie degli enti locali - di
personale assunto con procedure di selezione per servizi totalmente
differenti (ad es. anagrafe, polizia municipale, contratti,
ragioneria, ecc.).
Così
come è in procinto di essere istituito il sistema
della dirigenza pubblica,
articolato in ruoli unificati e coordinati, aventi requisiti
omogenei di accesso
e procedure
analoghe di reclutamento
e fondati sui principi del merito, dell'aggiornamento, della
formazione continua, UNAEP ha espresso l'opinione che è necessario prevedere un simile sistema per gli oltre 6000
avvocati della P.A. italiana, ad oggi privi di qualsivoglia regolamentazione.
Perchè come dice il Relatore On. Carbone, "La nostra amministrazione è ricca di professionalità che non meritano di essere travolte dalla rappresentazione decadente che si da della pubblica amministrazione, perché le persone devono essere il motore del cambiamento".
L'AVVOCATURA PUBBLICA HA GIA' SCALDATO IL PROPRIO MOTORE.
E' PRONTA PER IL CAMBIAMENTO.